Certi viaggi non te li aspetti. E sono i migliori.
La mia prima volta alla Vuelta è stato un po’ come entrare in un romanzo di Gabriel Garcia Marquez e mi è sembrato di essere immersa in una sorta di realismo magico. Un viaggio intenso, colorato e sciamanico lungo la costa Daurada che mi ha riacceso l’energia interiore. Ecco gli appunti sparsi su come vivere l’anima spagnola – anche per pochi giorni – e innamorarsene perdutamente.
Ah, in totale abbiamo percorso quasi 700 chilometri.
Eccoli qui.

PLAYLIST 🎧

Quasi tutte rigorosamente latine, tra cui tormentoni vari. Ma bisogna anche calcolare che in qualche modo dovevamo passare i chilometri di trasferimento da un posto all’altro. Tipo ballando in macchina Enrique Iglesias. Qui lo dico e qui non me ne vergogno.

♥ Me enamoré – Shakira
♥ Subeme la radio – Enrique Iglesias
♥ Mi gente – J. Balvin & Willy William
♥ Call me – Blondie

CASTELLÓN DE LA PLANA

In Spagna è tutto molto più economico: il nostro hotel a quattro stelle è stata una base super confortevole per due giorni.
Il team Katusha è alloggiato a settanta metri da noi – cioè dall’altra parte della strada – e questo aiuta a sentirsi completamente immerse nella corsa. Sbirciare nel backstage, guardare i meccanici che puliscono le bici sotto le luci elettriche, son cose che mi sono sempre piaciute, ti fanno capire quanto il ciclismo sia uno sport che non dorme mai, che in tre settimane niente si ferma davvero.

Iraia è la nostra guida, il che ci facilita tutto, specialmente la lettura del menù perché dopo la parola “tapas” tutto il resto è quasi arabo. Come da protocollo corse, arriviamo a cena sempre intorno alle dieci, che alla fine in Spagna non è così sballato come orario e nessuno ti guarda male.  C’è un ristorante che prima era un’antica sagrestia, si affaccia su una viuzza stretta dietro la chiesa. Di sicuro l’interno è bellissimo ma ci sono i tavolini fuori sulla via, la gente che beve vino: ci sediamo lì e ordiniamo le patatas bravas per tre. Sono patate al forno croccanti con una salsa piccante di pomodoro e in Catalogna e nella zona di Valencia le servono anche con la salsa aioli a base di aglio. Ecco, le nostre ci nuotano dentro praticamente: sono bollenti, abbiamo fame, ci ustioniamo la bocca. Easy.
Come molti sanno, non mangio pesce per svariati motivi e non sono neanche una grande appassionata di carne, ma Iraia ci consiglia le tapas con il solomillo che è come un filetto, tipico di qua. E quando si viaggia non bisogna perdere la curiosità di provare cose nuove. Sarà per i sapori ai quali non siamo abituate ma alla fine è tutto super.

La Sacristia
Carrer Ximenez, 7
12002
Castellon

In centro a Castellón – o Castelló, in catalano – c’è anche questo posticino accogliente per groupies del ciclismo come noi: “La Bicicleta” è un bike cafè su due piani, perfetto per una birra veloce prima di tornare in hotel a scrivere (e magari anche a dormire). Dietro il bancone del bar sono appesi un sacco di cimeli firmati dai ciclisti passati di lì, cappellini vintage, lavagne con scritte tutte le salite più dure del mondo – assurdo,  c’è anche il Sormano – e poi un Garibaldi tra le riviste, uno di quei cartelli rosa frecciati che indicano il percorso di gara del Giro.
la bicicleta castellon

Sopra i tavolini penzolano lampadine e sui muri ci sono biciclette, selle e manubri che sembrano trofei di caccia, polaroid attaccate con le puntine: Boonen, Pantani. Un piccolo covo così diverso da tutti gli altri bike cafè, come se tutto fosse stato messo lì con naturalezza.
Ride till you die, c’è scritto sulla lavagna a muro. E’ questo che amo più di tutto, forse: il fatto che il ciclismo segua lo stesso corso della vita e le stesse regole anche.

La Bicicleta Cafè
Carrer Ensenyança, 13
12002
Castellon

BENICASIM

Non abbiamo fatto colazione e sono le undici e mezza. Raramente gli italiani passano al pranzo senza aver preso il caffè. Anche se la Miky – al contrario di me – è una vera Espresso addicted, ci accontentiamo di scovare qualcosa che assomigli a una brioche ma nei bar già sono esposte salsicce affumicate e verdure in strane salse e escono cameriere con boccali di birra sui vassoi. Una signora con la cuffietta che di sicuro era impegnata a grigliare bistecche, ci dice che hanno la torta. Bizchoco si chiama. Ci spiega anche gli ingredienti ma ovviamente noi non ne capiamo neanche uno – parlano troppo veloce qui – e alla fine è una specie di torta paradiso tipica della provincia di Valencia. Un pan di spagna fatto con uova e zucchero super sofficioso con una spolverata di zucchero a velo che forse non è il massimo da mangiare sotto i cinquanta gradi del parcheggio dei pullman ma, a parte questo, è buonissimo ed è pur sempre una riserva di zuccheri che di sicuro, all’inizio di una tappa così, serve sempre.

EREMITA SANTA LUCIA, ALCOSSEBRE

In sala stampa c’è odore di griglia e tre uomini si affaccendano attorno a un mega tegame di paella a base di carne e verdure. Sfatando i miei preconcetti, imparo che l’originale paella valenciana non ha niente a che vedere con il pesce – grazie al cielo – ma è base di carne rosolata e precedentemente marinata, verdure e fagioli giganti e spezie. E riso, ovviamente. La variante coi molluschi è la Paella de Marisco, con cozze, scampi e seppie.
Ci vogliono ben venti minuti per raggiungere l’arrivo di oggi dal paese. Alcossebre è sul mare ma il traguardo è piazzato su un Eremo: per raggiungerlo bisogna percorrere una strada dell’entroterra che si fa largo a piccoli tornanti tra gli alberi con gli scorci sui versanti boscosi. La macchina fa fatica a salire anche con la prima, le pendenze qui arrivano al 20% ma si sa, quando fai fatica davvero, poi la vista che guadagni è speciale per forza.
Questo è un traguardo che ha l’odore tipico del Mediterraneo. I pini marittimi, le rocce sbiancate dal sole, la macchia di vegetazione che sa di erbe aromatiche che crescono tranquille con il vento che porta il salino fin qui.
Il mare è una striscia azzurra, in fondo non siamo tanto in alto ma sembra quasi di essere ai confini del mondo. Un posto per stare in silenzio, come il ciclismo a volte richiede. Come le cose belle a volte richiedono.

TARRAGONA

Il problema dell’ultima sera è sempre quello: scacciare la nostalgia in qualche modo. Beh, l’unico modo che conosco è non pensarci. Due ore e mezza di trasferimento sgranocchiando snacks strani dell’autogrill e parlando di che gran giornata è stata con la vittoria di Thomasz Marczynski – Iraia ha ancora le lacrime agli occhi, è una specie di fratello per lei – non bastano per convincersi che è già ora di tornare. A parte le rotonde con dieci corsie, adoro le autostrade spagnole: larghe e senza traffico. Adoro il sole che tramonta su queste lande sperdute dove di tanto in tanto appare un paese bianco, con il campanile altrettanto bianco della sua chiesa, ultimo bagliore della sera. Beat vuol dire beato. Jack aveva ragione, come sempre. Bisognerebbe essere più leggeri su tutto, restare incantati come bambini, così non rischieremmo di sprecare niente, né tempo né bellezza. Ma bisognerebbe avere il coraggio di farlo davvero.
on the road spagna
Tarragona è una nuvola di luci appena fuori dall’uscita dell’autostrada, il nostro è ancora un hotel a quattro stelle trovato su Booking a un prezzo irrisorio. La hall profuma di cose tipo potpurri e noi ci entriamo come “gipsy” (cit.). Zingare con le borracce, pettorine, bottiglie sotto braccio e tutto quello che avevamo accumulato in macchina e che, per forza di cose, ci dovrà stare in valigia.

Stasera è la nostra sera libera, la ragazza della reception ci consiglia dove trovare i ristoranti. Tarragona antica, finalmente. La città è patrimonio dell’Unesco e ha gli stessi vicoli di certe città del sud Italia d’estate. Nel quartiere marocchino c’è la gente che fuma i narghilè seduta ai tavolini davanti ai locali che sono piccoli e tutti diversi, pieni di cianfrusaglie strane che brillano sotto la luce dei lampioni. Sono quasi le dieci e mezza ma i ristoranti sono ancora aperti o quasi.

Troviamo una piazzetta antica e tranquilla, c’è persino uno che suona la fisarmonica e il proprietario del locale ci consiglia cosa mangiare. Le mie compagne di viaggio smembrano gamberetti appena scottati, insistono perché io li provi assieme alle tapas con il polpo piccante e non riesco a convincerle del tutto che non considero quella roba cibo commestibile. Le patate questa volta ce le servono con la salsa Romesco tipica di Tarragona a base di pomodori secchi, peperoncino e mandorle tritate che diventa in due secondi – il tempo di assaggiarla e sentire il sapore dolcino e lievemente croccante – la mia droga ufficiale. Giusto per sentirci totalmente catalane ancora per una sera, prendiamo anche il pa amb tomàquet che è un po’ come una bruschetta che ti devi fare da sola: su un piatto ti servono uno spicchietto d’aglio usato per profumare il pane abbrustolito e mezzo pomodoro maturo che devi passare sopra come se fosse una grattugia, aggiungendo poi olio e sale.
Ci sono finestre e balconcini in ferro battuto che si affacciano sulla piazza, immagino tutto come mi capita sempre. La Miky chiede perché c’è una bandiera cubana su un terrazzo con le persiane chiuse. No, spiega Iraia, di sera sotto la luce dei lampioni si confondo i colori: le strisce sono gialle, è la bandiera catalana. Ci dice che sono molto indipendentisti qui. E questa è una cosa che le piace.
I negozi chiudono, i ristoranti anche, forse siamo stanche o forse no. Restiamo alzate fino alle due e mezza a parlare di cento cose, ciclismo, pettegolezzi sul ciclismo principalmente. In fondo, a volte, dormire è solo perdere tempo. Non fa niente se bisogna andare a Barcellona presto l’indomani, se c’è una macchina da riconsegnare e un aereo da prendere.
Non è facile lasciare la Spagna, specialmente in un giorno in cui dall’alto la costa è bellissima con la striscia di spiaggia tra il blu che si capovolge nella virata dell’aereo dopo il decollo. Forse dovrei dormire, invece parlo per quasi tutto il volo con una coppia di ragazzi a fianco a me. A un certo punto scopro che lui abita nel mio stesso paese. Il mondo è piccolo quando viaggi. E ancora così grande quando pensi che ci sono mille altre corse da ascoltare nel più profondo dello spirito.
Gracias España, per fortuna esiste ancora chi riesce a sorprenderti.

DA RICORDARE:

♥ Specialmente in estate quando ci sono quaranta gradi all’ombra, una bibita Aquarius ghiacciata può salvarti la vita (ma perchè non la vendono più in Italia?)

♥ Quando si chiede un caffè espresso viene servito una cosa più simile al Cappuccino con tanto di disegno decorativo. Per ovviare alla eventuale mancanza di caffeina si consiglia piuttosto un Americano.

♥ Al fine di evitare maledizioni, nelle rotonde con più di tre corsie, sceglierne una fissa, indipendentemente dalla direzione dell’uscita.

SULLA VUELTA 2017:
♥ L’essenziale
♥ L’acchiappasogni
♥ Il veliero

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Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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