Sono strane le rotonde qui, tutte smaltate e colorate da pezzi di mosaico irregolari come quei frammenti di vetro che cantilenano appesi ai fili degli scacciaspiriti. Stelle marine e delfini e conchiglie come in un racconto per bambini. E un veliero che combatte con le onde agitate di cemento e tasselli bianchi e blu nell’afa mitigata dal vento proveniente dal mare.
Il Mediterraneo è una striscia azzurra diritta disegnata su un cielo senza nuvole, c’è una vela bianca che naviga sull’orizzonte, una signora quieta con un cappello di paglia sta seduta su una di quelle sedie pieghevoli dei nonni, sonnecchia nella macchia d’ombra dei pini marittimi. C’è l’odore di tutte le cose che restano nella sabbia: pezzi di tronchi, sassi, braccialetti perduti.
La Vuelta è il sottofondo quieto di un pomeriggio di fuoco. Uno di quelli in cui pensi che potresti fare qualsiasi cosa dopo che, troppe volte, non l’hai creduto possibile. La strada ti trasforma. La competizione, l’adrenalina: son cose che ti mettono alla prova, per dirti che se segui l’istinto e resti lucido allora non ti spezzi. Allora voli.
In certe tappe quando arriva la fuga è un miracolo. In certi momenti ti chiedi dove possano essere i miracoli. Onde di cemento che luccicano, come gli ultimi anni, come il tempo che Thomasz ha passato a cercare la vittoria, come tutti quei chilometri nelle gambe e l’ultimo terno al lotto di un’azione riuscita. Una possibilità su tre. La roulette peggiore degli ultimi novecento metri.
Chissà se quella barca bianca si è rovesciata come nelle leggende del mondo di sotto, una visione, come la linea di un traguardo che contorna inconsapevolmente le notti in cui ti senti troppo stanco persino per dormire, con le cuffie e la musica alta per fare a pugni con il silenzio e stenderlo prima che lui lo faccia con te.
In fondo il ciclismo sa tutto sui suoi figli, su quanto sono forti e fragili. Sa cosa hanno passato. Perdona le stronzate, ti fa capire che vorrebbe solo vederti sperare come un pazzo, metterci tutto quello che hai. L’orizzonte si ribalta quando sei allo stremo, ancora lucido in un momento in cui non lo saresti stato mai.
Così si vince, così si vive.
Due ore per tornare indietro quando non vorresti neanche per scherzo. Due ore e mezza sulla strada deserta a guidare e a guardare tramontare il sole sull’ultima notte, ascoltando le storie che nessuno sa, che i giornali non scrivono mai.
E forse è giusto così.
SULLA VUELTA 2017:
♥ L’essenziale
♥ L’acchiappasogni