La strada che da Barcellona porta a Tarragona è come una highway tra le colline gialle di agosto bruciate dal sole dell’estate spagnola. Il mare a tratti, una striscia azzurra contro il cielo azzurro. Nessuna nuvola, ventisei gradi che diventano trentuno. E un’aria che sa di salino, di quei pomeriggi che passavi a salire dalla spiaggia in infradito e i capelli così biondi da non riconoscerti allo specchio.
Gracias España.
Che non mi fai pensare a niente e mi ricordi com’ero. Che tiri fuori tutto anche senza conoscermi. Nata in una notte troppo calda per non sentire la brezza estiva e calda come un orgasmo.
Non è niente di speciale questo arrivo. Le palme sull’azzurro in un posto sconosciuto alla periferia di una città magnifica che non ho visto neanche di sfuggita.
Eppure tutto mi sembra che scorra tranquillo come nel letto di un fiume, il fiume sopra io sotto.
E’ così l’arrivo, quello che mi piace, come se riuscissi a sentire il flusso di tutto quel sudore, dell’adrenalina che muore piano, delle bottigliette gelate rovesciate a terra, nel groviglio di cose, di rabbia, di amore. Ti tira fuori tutto la volata, ti tira fuori il fegato e il sangue. La grande bellezza. L’essenziale.
Non lo decide nessuno, come quando sai che percorri così tanti chilometri per ritrovare le cose che ti hanno sempre fatto sentire a posto.
Dopo le premiazioni ci sono i bambini vestiti con la divisa della Cofidis, si son lanciati nella volata un’oretta prima dei grandi, sono saliti sul podio con loro, alzando i loro piccoli premi. Si vince tutti, si vince insieme, è la prima cosa che devi imparare. L’umiltà è sacra. Nessun campione è sopravvissuto nei cuori della gente così a lungo senza averne.
Uno di loro abbraccia suo padre che lo aspetta lì sotto. Gli dice qualcosa, gli dice che è stata una giornata bellissima. Il tempo di un istante, l’essenziale vola via di nuovo, in una bolla invisibile che ritroveremo da qualche parte come uno di quei palloncini lanciati con i messaggi attaccati al filo. Il papà gli da una carezza sulla guancia, si allontanano insieme. A volte mi piace immaginare come proseguono le vite degli altri dopo che hanno per caso incrociato la mia. Li immagino stasera davanti a un piatto di quella specie di pasta catalana che mangiano qui, loro due, con quel miracolo che fa il ciclismo, impastare i sogni. Li immagino in questa sera lungo la costa con Blondie alla radio e la strada libera come piace a me, la linea bianca diritta dove si può giocare a superare i bus dei team di tanto in tanto. Uno, due, tre. Come i bambini quando collezionano pezzi di vetro e li trattano come stelle.
Ma che importanza ha, in fondo basterebbe trovare una sola cosa che ci faccia dire che nessun tempo è andato perso, che ogni stagione è stata vissuta senza risparmiare niente. Che in fondo il futuro è una stronzata che ci raccontiamo quando abbiamo paura che vivendo in equilibrio finiremo per cadere.
Che importanza ha, in fondo, nella infinita lista di cose che segniamo nella vita, sappiamo già qual è l’essenziale che ci servirà per sempre. Lo sappiamo già, senza scuse.
SULLA VUELTA 2017:
♥ L’acchiappasogni
♥ Il veliero
questo pezzo è di una bellezza incredibile, sognante e delicato come un fiocco di neve ma sa anche essere diretto come un pugno allo stomaco…
Che belle parole (come sempre)…Il ciclismo è proprio così, sognante e diretto. E forse lo amiamo per questo. Grazie mille 😉