Metà del divertimento è il viaggio diceva Pippo (Disney, ben inteso) a suo figlio Max in uno dei piccoli cartoni cult trash che da piccola ho finito per consumare nel registratore VHS. Ecco quindi quello che abbiamo fatto e non fatto in Belgio io e i miei compagni di avventura, una sorta di istruzioni per l’uso che magari un giorno potrà darvi qualche spunto per vivere il Fiandre nel suo cuore pulsante. Tre giorni possono bastare per frullare insieme tutto: il collante migliore è sempre il ciclismo, Il resto si calamita attorno in maniera disordinata. Beat resta la parola d’ordine, come le corse insegnano.
Ah, in totale abbiamo fatto quasi 560 chilometri.
Ecco che cosa sono stati.

PLAYLIST 🎧

Troppo comodo scegliere le canzoni per accompagnare un viaggio. La vera playlist belga è tradizionalmente dettata dal caso: quello che si ascolta per radio, alle partenze, sui muur, in aeroporto. Non noi abbiamo scelto loro ma noi siamo stati scelti. Amen.

Facciamo un pupazzo insieme – Frozen.
[Versione belga cantata dalla Vale in karaoke italiano]
I love my life – Robbie Williams.
Heb je Even voor mij – Frans Bauer.
Cheerleader – OMI.
♥ Smell like teen spirits – Nirvana.

MUUR VAN GERAARDSBERGEN

In due parole: il tempio.
La cappella è su un’altura appena sopra il paese e la vista è speciale, anche in una giornata grigia per metà. Dentro c’è odore di panche di legno, di muri, di silenzio. Fuori di frittura. Il pavè è strano qui, ha una forma ancora diversa rispetto agli altri: i sassi sono allungati e alti, come a formare tanti piccoli gradini, proprio come certi sentieri che salgono ai santuari. Li senti che danno fastidio persino sotto la suola delle scarpe, figuriamoci su una bicicletta.

Pranziamo nella trattoria ai piedi del muur: una vista così non è proprio da tutti i giorni. I quadretti appesi alle pareti sono foto storiche in bianco e nero e anche le tovagliette hanno scritto sopra il nome del posto. Carlo e Davide vanno dritti sulle frittate ma io non mi fido mai delle uova altrui. Mi illumino quando vedo il Croque Monsieur nel menù tutto scritto in fiammingo ma è un falso: arriva un toast liscio con insalata e pomodori. In compenso c’è la birra, nessun tradimento, è la più buona che abbia mai bevuto e sono sicura che non c’entra il fatto che fossimo disidratati da quando abbiamo messo piede sull’aereo.

‘t Hemelrijck
Oudeberg, 2
9500
Geraardsbergen

ANTWERP

Che sarebbe Anversa. Che è affacciata sul fiume Schelda che a sua volta sfocia nel mare del Nord. A novanta chilometri dalla città. Eppure ci sono i gabbiani che planano sulle acque grigie: se ne fanno di strada anche loro per arrivare fino a qua. La sua cattedrale è la più grande del Belgio e si affaccia sulla piazza del mercato. Inutile dire che lì intorno le vetrine dei negozi, birre a parte, sono piene di cioccolati e cioccolatini di ogni genere. Tra cascate e conigli pasquali giganti ci sono tutti questi dolci a forma di manine: niente strani riti indiani ma solo la più antica leggenda della città che racconta di come il soldato romano Silvio Brabone (che adesso sta lì in piazza sotto forma di statua) uccise un gigante che spadroneggiava nella zona tranciandogli una mano e gettandola nel fiume. Lievemente cruento. Ma non abbastanza da farci dimenticare l’obiettivo principale: i waffels. Carlo che è decisamente il nostro guru del weekend ha garantito per loro. Mezz’ora messa in conto per scegliere i gusti e che cosa farci colare sopra. Alla fine per non sbagliare prendo un waffine ripieno di cioccolato belga, i dolci con il cuore morbido sono sempre in cima alle mie liste. Li mangiamo al piano di sopra semi-deserto con le finestre che danno sulla via. Suggestivo davvero.

Di qui mi piace il clima che hanno le città del Nord, le case di mattoncini su tre o quattro piani, tutte vicine che sembrano quelle di marzapane, le insegne in ferro battuto, le biciclette legate ai lampioni. Forse dovrebbe essere così l’esilio giusto per uno scrittore.

Waffle Factory
Grote Markt, 60
2000
Antwerp

OUDE KWAREMONT

I muur sono il cuore della corsa. Il raduno di massa più imponente di tutti che a volte neanche a guardarlo ci credi. La gente è seduta sui prati di qua e di là dalla strada in pavè che li attraversa, come quando si aspetta un concerto per ore. C’è la musica e qualcuno balla, fanno i trenini, ogni tanto arrivano altri con le bandiere fiamminghe e si salutano, si danno pacche sulle spalle, si aggregano alla festa.
Ok, qui c’è da star sicuri che le patatine sono proprio le frites originali made in Belgium. Al banchettino te le servono nei coni di cartone con le salse che vuoi. Perché siano quelle autentiche bisogna che siano croccanti fuori e morbide dentro, fritte al punto giusto in modo che quando le mangi senti questo misto di patate e olio e ketchup insieme. In pratica, tutto questo provoca il fatto che di quei coni in cartone ne vorresti dieci.

Ma non c’è tempo canonico per mangiarne altri. Sul maxischermo appare la faccia di Tom Boonen nelle immagini delle interviste mattutine e i ragazzi alzano le braccia come quando appare la rockstar sul palco. Quello che impari sul tifo in Belgio insegna più di qualsiasi manuale sull’etica dello sport. Uno: sono ubriachi marci ma non scoppiano risse di nessun genere, a parte quelle bonarie tra di loro. Due: rispettano gli spazi e quindi rispettano la corsa. Tre: tutto è una festa e viva tutti. Quattro: il patriottismo non scade nel campanilismo. Cinque: amano sinceramente il ciclismo fino alla follia. E forse questa è la chiave di tutto.

LOKEREN

Quando sono le dieci ti passa pure la fame. La Vale crolla, in autogrill non c’è niente che possa sembrare commestibile prima di tornare in albergo. Finiamo qui a Lokeren. Che sarebbe pure la città natale di Greg Van Avermaet. Ma questa non la esclude dalle tradizioni belghe. Ci sono aperti solo i pub. Al terzo locale, una signora bionda e gentile ci dice che purtroppo anche il ristorante italiano è chiuso ma che possiamo trovare qualcosa da pizza Cleopatra o qualcosa del genere. Un classico. Ci accasciamo sulle sedie di questo locale lungo e stretto coi lampadari strani e la musica araba. Pizza, margherita per non sbagliare. Meglio di quello che credevamo, anche se l’origano non assomiglia per niente all’origano, né per sapore, né per colore. Quando usciamo non smettiamo più di ridere.
Forse era erba. O forse è solo che siamo stanchi.
Qualsiasi cosa sia, sappiamo che è l’ultima notte. E il Belgio sembra immenso. Sono cinquantotto chilometri per tornare all’albergo e anche se devo ancora scrivere metà pezzo, vorrei che non finissero mai.

DA RICORDARE

♥ I Croque Monsieur non sono come quelli francesi con il groviera gratinato ma solo semplici toast.

♥ Ricordarsi che il termine fondue può essere altamente disambiguo. L’unica nella quale il formaggio non c’entra neanche lontanamente (che guarda caso è capitata a me) è la Bourguignonne. In pratica un pentolino di olio bollente dove far cuocere pietanze varie da accompagnare alle salse.

♥ Occhio all’orologio: si usa andare a cena verso le sette. Dopo le nove è difficile trovare le cucine dei ristoranti (o di qualsiasi altra cosa) aperti.

♥ Birra sì, caffè no.

♥ Le scale delle case sono tutte strette e con gradini molto alti. Lato positivo: alla mattina lo step è dieci volte più efficace. Lato negativo: sempre la mattina bisogna accertarsi di essere ben svegli per non correre il rischio di spaccarsi una gamba.

♥ Nessun viaggio ha senso se non impari qualcosa di nuovo.

GRAZIE 
Ai miei amici e compagni di viaggio Vale, Davide e Carlo (che hanno scattato alcune di queste foto qua sopra). Abbiamo lavorato ma ci siamo anche divertiti, proprio come un vero team. E non importa se la vita del freelance è dura come i sassi dell’ultimo tratto del Geraardsbergen, niente paga quello che vivi quando hai il coraggio di partire. E ri-partire.

 

SULLA RONDE VAN VLAANDEREN 2017:
♥ “Nuvole”
♥ “We found love in a hopeless place”
♥ Ronde Van Vlaanderen 2017 | PHs

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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