Bruges è ancora grigia di pioggia, le case si specchiano nel canale immobile. Una scia di tre papere si porta via quell’immobilità per un momento. Dalle vetrine dei caffè si vedono le luci sui tavolini che sembrano candele. Fa uno strano effetto. Vorresti chiedere una brioches e sederti a scrivere mentre fuori c’è il silenzio di una semi primavera. E’ bella Bruges, la chiamano la Venezia del Nord.
Flanders 100 | la corsaLa piazza è già piena di gente, i ragazzi in maniche corte si portano sottobraccio i cartoni delle birre, qualcuno la tiene in mano già aperta, si sistema la visiera del cappello. Le bandiere gialle con il Leone delle Fiandre sbucano come girasoli, sempre di più, ad ogni occhiata di timido sole che fa brillare il pavè lucido e fa strizzare gli occhi ai bambini sulle spalle dei papà. E’ una festa che forse non si può spiegare a parole. Perché è un po’ come il sangue che ti scorre nelle vene. I Belgi amano il ciclismo e il ciclismo ama loro. Funziona come tutti gli amori speciali. Un fiume in piena. Le persone si fermano anche in autostrada per arrampicarsi sui guardrail dei ponti a vedere un passaggio e tutto quello che questo sport gli regala è un bene che torna. L’anima più ruvida appartiene a questo posto dove i muur e il pavé sono tutto. La città è un fiume in piena per davvero, un grande palco per rockstars, una passerella infinita di gente aggrappata alle transenne che urla in fiammingo prima di tutto e poi in tutte le altre lingue.

Flanders 100 | la corsaFlanders 100 | la corsaChe questa grande famiglia la capisci davvero da dentro. Da tutte le piccole cose, dai gesti che i corridori regalano al pubblico. Perché forse loro sono proprio gli unici che si ricordano ancora cosa tiene insieme tutto. Il perno ruota attorno al rapporto tra i tifosi e il ciclista. Il resto, le transenne, le zone off limits, gli arrivi blindati, persino i soldi, a lungo andare non salverebbero mai questo sport se fosse a un passo dal baratro. L’amore lo salverebbe. Questo qui. Quello che l’ha sempre tenuto insieme, da sempre, per sempre.

Forse i muur sono un po’ il sigillo di questo patto eterno. Vale la regola del posto preso alla mattina presto, il migliore. Vale l’attesa sotto questo sole che adesso fa venire voglia di mettersi in maniche corte. Che scalda le chiazze di birra rovesciate per terra, le mischia alla terra che ancora porta le tracce della pioggia notturna. Le mischia con l’odore di quassù che sembra il solito odore di bosco, di corteccia, di campagna a primavera, contaminato da quello delle patatine fritte. Il Kwaremont è abituato a questo giorno di bagordi. Sa che poi tornerà tutto come prima. Sa che ognuno tornerà a casa e che non si dimenticherà più di essere stato lì. Il potere del ciclismo non è l’istante. E’ il ricordo. Fa voragini così grandi che si possono riempire solamente tornando sulla strada.
Flanders 100 | la corsaLa strada parla, grida forte. La strada è un battito. Lo sento nelle costole che sono appoggiate alla transenna, piegata in due per quell’arrivo.
Tum, tum.
Sono le mani della gente contro i cartelloni pubblicitari dei meno centocinquanta metri. Sento quel battito che è un boato.
Sa-gan. Sa-gan urlano i bambini. Gridano con tutto il fiato che hanno in gola. Dall’altra parte gli rispondono i tifosi slovacchi con la bandiera.
Sa-gan. Sa-gan.
Flanders 100 | la corsaSembra un rito. E forse lo è. A volte vorresti fare tutto, essere in cento posti diversi per bersi ogni cosa. Perché le prime volte sono così. Ti ubriachi. Forse basterebbe fermarsi e restare in mezzo. Non si può sbagliare così.
Tutte queste bandiere gialle che sventolano nel cielo azzurro e laggiù il campanile di Oudenaarde in pace sopra questo caos.
Tum, tum.
Forse la gara non l’hai vista. Forse hai solo sentito i nomi qua e là in mezzo alla telecronaca fiamminga. Ma per quello c’è sempre la televisione. Certe cose le devi vedere, le devi persino annusare, assaggiare.  Certi fiumi li devi sentire scorrere, ci devi nuotare dentro.
Flanders 100 | la corsaE mentre corro ai pullman, mentre inciampo tra la gente nelle pozzanghere dove galleggia la schiuma delle docce penso che quell’acqua laverà via la terra del Kwaremont, quella che mi è rimasta sulle scarpe.
Qualcuno chiede la borraccia a Tyler Farrar ma lui fa un cenno al bambino che gli sta di fronte, come a dire che l’aveva promessa a lui, che era lì per primo. La dolcezza viene prima della stanchezza, molte volte. Forse perché la fatica può essere sopportata, l’indifferenza no. E’ questo che mi piace dei piccoli gesti, per qualcuno possono essere immensi.
Flanders 100 | la corsaI bus se ne vanno, l’ultimo sole fa brillare alcuni cornicioni dorati delle case che si affacciano sulla piazza. Mattoncini ancor più rossi, infissi ancor più bianchi.
Guardo le mie Vans. La terra è ancora lì. Assomiglia a quella del Risoul. Non se ne va facilmente: ho ancora una goccia di fango lieve come un bacio sulla portiera della macchina. Si è impastata con l’acqua, è scivolata giù dal finestrino e non se ne va più nemmeno con la candeggina.
Forse per questa qui basterà una spazzolata. Di sicuro ogni terra ha il suo modo di aggrapparsi all’anima. Questa lo fa in silenzio prima e gridando poi. Prima con rabbia e poi con dolcezza.
Ognuno ha il suo modo di dire Ti voglio bene.

SUL GIRO DELLE FIANDRE 2016:
♥ FLANDERS 100 | La vigilia

FLANDERS 100 | Goodbye
FLANDERS 100 | PHs 

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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