Cresciuto nel vento dell’alto lago di Como e innamorato delle strade in salita. Un pomeriggio di sole abbagliante, il suo allenamento preferito, le nonne orgogliose e i consigli carpiti al suo idolo di sempre.
Questo è Simone Petilli.

Special Interview | Simone Petilli


Dervio è decisamente uno dei paesi più beat del lago di Como. Ramo di Lecco, si capisce, ma è bene specificarlo. Il fatto di essere su una piccola penisola e quindi più esposto ai venti, lo rende un piccolo ritrovo di surfisti, velisti e campeggiatori.
Simone Petilli ci ha dato appuntamento davanti a casa sua, alle undici: mancano pochi minuti. Suoniamo il campanello.
Aurora, sono io!
Quell’Io sarebbe Mauro Viotti. Aurora sarebbe la mamma di Simone. Che riconosce subito la voce, non c’è bisogno di spiegare. Mauro segue da anni e anni il C.C. Canturino, la squadra di juniores in cui correva anche Simone. “Ce l’ho nel cuore” dice sempre. “Un bravo ragazzo era, un bravo ragazzo è rimasto. Anche adesso che fa il professionista.
Aurora ha lo stesso sorriso di suo figlio, ci invita in casa per un caffè e sorride quando guardiamo lo stendipanni con le divise blu e fucsia della Lampre in salotto.
Le ha stese il Simone” spiega. “E si vede
Poi aggiunge:
Sarà qui a momenti, stamattina è uscito ad allenarsi con la bici da crono.
Ci sediamo in cucina e mentre parliamo del Giro con Aurora che prepara il caffè, Mauro guarda una foto appesa al muro di Simone e suo fratello da bambini.
Special Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliDice che da junior era un buon corridore ma la sua più grande dote è sempre stata quella di essere disponibile, positivo e saper stare in gruppo. Mai un diverbio, un tentativo di mettere zizzania tra i compagni. Sempre gioviale, sempre quel sorriso lì sulla faccia. Lo stesso che ha mentre rientra in casa.
Ah! Vi aspettavo in garage
Ci ha promesso che ci avrebbe portato a vedere la sua salita. Quella che conosce a memoria, dove si allena fin da bambino. Il camoscio di Dervio lo chiamano. Dello scalatore ha il fisico e anche la testa. Uno che sa tenere un certo ritmo mentale. Basti pensare che, al contrario di molti altri, ha cominciato a correre meglio frequentando la scuola. L’anno della maturità l’ha trascorso come un vero e proprio monaco: allenamento, studio, cena. E così via. Ne è uscita la sua stagione migliore e un punteggio di 94/100.
Special Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliAndiamo?” dice. “Prendo la bici e vi aspetto alla rotonda. C’è un cartello che indica la Valvarrone.”
Così è. Una salita a tornanti tra le robinie e le case solide e semplici che si affacciano per metà sul lago e per metà sulle sue montagne. A un tornante uno scorcio d’azzurro, un muretto coperto di muschio nell’ombra, le piante. E poi Dervio dall’alto, il disegno della penisola sul lago di quel colore intenso che ha nel mezzogiorno. Bellagio e l’isola Comacina là in fondo e le coste opposte nitide: merito del temporale notturno che ha spazzato tutto.
Special Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliIeri ero in Valtellina ad allenarmi” spiega Simone. “Ho preso tanta di quell’acqua! Ma per me il freddo non è un problema.
Mi ricordo a Lugano” ride Mauro.
Sì, sì…Non ha smesso un attimo di piovere…Però io mi sentivo bene. Sarà che venendo dal ciclocross sono abituato. Da allievo correvo con Gioele Bertolini poi anche il primo anno da junior ho fatto la stagione di fuoristrada. Questo è un mio vantaggio, forse. Mentre ci sono corridori che con il freddo o con il caldo vanno in crisi, per me non c’è differenza.
Gli chiedo che cos’ha scoperto in questo suo primo anno da professionista e lui sorride.
Tante cose. Sono stato fortunato a passare in Lampre, è una bella squadra e ci tengono agli atleti, tecnicamente e anche umanamente. Questo è importante. In generale sono sempre stato fortunato: ho sempre corso in ambienti piacevoli. Fin dal Canturino per poi passare alla Delio Gallina. E anche l’Unieuro: mi ha dato la possibilità di cominciare a correre le gare dei professionisti, di testarmi. Su me stesso ho scoperto che, per ora, il mio punto forte è la resistenza. Magari non sono un vincente però ho sempre avuto una crescita costante e sono sempre riuscito a piazzarmi tra i primi. Mi piacciono le corse dure come potrebbero essere delle semi-classiche. Non ho uno spunto veloce, mi manca l’esplosività ma spero di poterci lavorare su.
Passa una macchina e poi una bicicletta. Arriva alla curva là in fondo e poi torna indietro. Chiama:
Simone!
Si avvicina.
Una foto, Simone? L’ultimo professionista che ho incontrato è Cipollini, pensa te. Allora, come va? Come è stato il Giro d’Italia? Quali sono le prossime corse?
Vado in Repubblica Ceca” risponde lui, “e poi faccio Peccioli e Giro dell’Emilia.”
Due parole sul Giro, un selfie, in bocca al lupo.
La gente comincia a riconoscerlo e lui dà il merito al Giro d’Italia.
Non mi ero mai reso conto bene di quanto fosse radicata nella gente come corsa” dice. “Il Giro è il Giro, non c’è niente da dire. Ti vedono in televisione e fanno il tifo, imparano il tuo numero, ti cercano.
Special Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone PetilliSpecial Interview | Simone Petilli Ed è vero, te ne accorgi subito. Anche quando scendiamo fino al lago e un papà dice alla sua bambina: “Guarda, facciamo una foto insieme. Che poi te lo ricordi: lui è un professionista, uno di quelli veri! Ha fatto il Giro d’Italia eh
E la bambina sorride, non capisce molto forse. Un po’ come la signora coi capelli bianchi a braccetto di un ragazzo, un amico di Simone. Che lo incontra per caso davanti all’entrata del chiosco dove c’è l’approdo del battello: un archetto di edera che copre a metà la targhetta del menù. Chiede al nipote chi è, lui gli dice che è il figlio del Nico e la signora sorride, saluta.
E’ normale” dice poi Simone mentre ci sediamo al tavolo. “Io sono cresciuto qui, mio papà aveva un ristorante all’interno di un campeggio, laggiù in fondo. C’era tanto da fare, specialmente in estate. E io lo aiutavo, stavo spesso alla cassa, ero praticamente sempre lì…Perciò la gente mi conosce.
Gli chiedo di suo padre, di dirmi chi sono i suoi più grandi sostenitori.
Tutta la mia famiglia mi è sempre stata vicina” dice. “Di solito chi viene alle corse a vedermi è sempre mia mamma con i miei zii. Mio padre non può perché lavora molto, fa il cuoco in un ristorante a Colico adesso e non è facile trovare il tempo. Però lui ha sempre lavorato dietro le quinte, gli devo molto. E’ con lui che ho cominciato ad andare in bicicletta, tante volte mi fa dietro moto e, se potesse, mi seguirebbe ovunque. E la bici. Assolutamente vuole occuparsene lui: la lava, me la controlla. Anzi adesso si lamenta un po’ perché, con i meccanici che abbiamo in Lampre è sempre tutto a posto, anzi di più.
Ah, ci sono anche le mie nonne Tina e Maria. Sono diventate appassionate di ciclismo, conservano tutti gli articoli di giornale. E se da una parte sono contente perché quando vanno a fare la spesa gli chiedono di me e loro sono orgogliose, dall’altra sono molto apprensive, hanno paura dei rischi e ogni volta mi chiamano prima di una corsa, mi dicono che se non sto bene non devo partire.

Poi ride, guardando Mauro. “Lui poi… viene sempre a tutte le corse che può. E se non può, mi scrive. E’ un mio grande fan e questo lo apprezzo, gli incoraggiamenti mi danno morale, sono una spinta a dare il massimo.
Ordiniamo due Coca-Cola e una Lemon Soda. Mauro ce le versa nei bicchieri.
Ah ecco” ride Simone. “Anche da bere mi versa. Io scherzando dico sempre che siamo dei viziati. Non in maniera negativa, solo non credevo che fosse così. Non mi sono ancora abituato ad essere così coccolato: cose semplici ma che non mi aspettavo. La bici sempre perfetta, il pullman…
Special Interview | Simone Petilli

Special Interview | Simone PetilliI ritmi. Ecco un’altra cosa che l’ha sorpreso nel passaggio al professionismo. Racconta che ha passato tutto l’inverno sereno, è stato quasi il più facile di tutti. Nessuna pressione e grandi stimoli che crescevano spontanei, senza che nessuno gli dicesse niente. L’attesa di quel salto di qualità è stato un modo per cercare di migliorarsi ancora di più, per superare i limiti. 

A dire la verità mi spaventava di più il World Tour. Avevo già corso coi professionisti ma mai ad alto livello così, mi chiedevo come sarebbe stato, se fossi riuscito a tenere la ruota del gruppo dove stavano Cancellara, Cavendish…Dove stavano i miei idoli di ragazzino. Per il resto ho preso tutto con molta positività, sono sempre dell’idea che bisogna crescere coi tempi giusti, passo per passo.
Gli chiedo chi è il suo idolo di sempre e lui risponde Contador, che l’ha sempre preso come punto di riferimento. E anche adesso, quando è in gruppo, cerca di non perdersi nemmeno un dettaglio, guarda come si muove, quando mangia.
A parte il fatto che stare sui pedali è la sua condizione ideale” dice, “ho notato che spesso durante la corsa va avanti e indietro dal gruppo, sta in coda e poi risale e via così. Lo fa con una facilità incredibile e questa è la conferma di quanto sia naturale per lui correre e gestire i ritmi.
Mauro vuole sapere della squadra, vuole sapere come si trova con i DS, coi compagni. E lui gli risponde che l’impegno è importante ma alle volte bisogna anche avere fortuna e trovarsi nel posto giusto.
Con la Lampre mi trovo bene, inutile girarci intorno. Diciamo che ho legato molto con Conti perché siamo quasi sempre in camera insieme ma in generale con tutti. Ho fatto molte corse con Diego (Ulissi) come capitano e lui è uno che sa esserlo. E’ deciso e sa prendersi la responsabilità, non è così scontato. Se la mattina si sente in forma e sa di poter fare la corsa, allora stai sicuro che la centra. Altrimenti da subito lascia carta bianca alle azioni solitarie. Questo mi piace.
Poi si lascia andare a parlare dei suoi direttori sportivi: Maini e Scirea. Il primo un vero e proprio motivatore, che ti chiama persino a casa alla vigilia di una corsa importante. Il secondo più diretto, schietto e assolutamente tecnico.
Un bilanciamento perfetto per testa e gambe.
Poi anche con lo staff ho un bellissimo rapporto” aggiunge. “In generale con tutti…Poi c’è Fabio Negri che abita qui vicino, a Castello Brianza…Sono importanti queste cose, aiutano ad essere compatti in corsa perché lavori più volentieri, condividi la fatica, condividi gli obiettivi. Infatti al Giro si è visto…Abbiamo portato a casa dei bei risultati.
Di nuovo il Giro. E quell’ultima settimana andata di traverso. Per una leggerezza. Lui racconta che il giorno della cronoscalata è stato quello migliore. Si sentiva bene, la gamba girava, aveva fatto una bella prova e si sentiva gasato per le montagne che sarebbero arrivate. Invece una doccia e un colpo d’aria durante il giorno di riposo non lo hanno fatto dormire per tutta la notte.
E’ partito tutto da una tossetta, un fastidio alla gola” dice. “E’ finito che poi non mi provavo più neanche la febbre per non demoralizzarmi. Questa è stata inesperienza, ho imparato la lezione. Che poi è assurdo pensare che il giorno prima ero al massimo e solo un giorno dopo ero a terra: è il ciclismo, è così. Passi da momento migliore al peggiore in un attimo.
Mauro tira fuori la maglia del C.C. Canturino di quest’anno e un po’ di foto. Lui, Aurora, Simone, quando era ancora junior in giallo blu. E poi la vittoria di Cogliate.
Quel giorno me lo ricordo” racconta Mauro. “Era andata via la fuga e lui, da solo, si è messo a inseguire. Anche la gente a bordo strada si chiedeva dove mai andasse quello lì. All’arrivo, ecco dove andava!
” conferma Simone. “Ho vinto nonostante fosse una corsa piatta.”
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Special Interview | Simone Petilli Ci alziamo, facciamo due passi lungo il porticciolo. All’ombra degli alberi ci sono dei ragazzi, uno suona la chitarra. Si tuffano nell’azzurro di un lago folgorato dalla luce del primo pomeriggio.
Mauro gli chiede della storia dei motorini, del doping meccanico. E Simone ne parla tranquillamente, con la stessa naturalezza del resto. Un segno autentico che il ciclismo non è più la pecora nera degli anni passati, che i ragazzi hanno la mentalità della fatica e niente altro. Che solo con quella si possono infrangere i limiti per davvero.
Vista da dentro” spiega, “questa cosa sembra impossibile, come parlare di cose di un altro pianeta. Io credo che sia più una cosa mediatica che altro. Io faccio sempre un paragone su me stesso perché se sugli altri non posso mettere la mano sul fuoco, su di me posso garantire al duecento percento. Se io, a pane e acqua, riesco a restare con i migliori, a tenere i loro ritmi, è impossibile che quei migliori barino clamorosamente con dei motorini nel telaio. Quello che mi manca è un gap che si può benissimo colmare con l’allenamento, con l’esperienza, con la malizia magari di risparmiarsi, di sapere come comportarsi. Ecco perché penso che questo doping meccanico non abbia la portata di cui i giornali parlano.
Alza le spalle leggermente. Non solo ha la resistenza, come dote, ma anche una lucida semplicità. Dire le cose giuste senza ragionamenti complicati non è da tutti. Non so se Simone l’ha imparato dal ciclismo o da sé stesso. O dalla sua famiglia.
Gli squilla il telefono.
Papi?
E’ ora di andare.
Lo salutiamo, ci dà appuntamento alle prossime corse. Lui spera con tutto il cuore di guadagnarsi un posto per Il Lombardia. In una parola la gara di casa. I suoi amici gli hanno già promesso uno striscione enorme. E una visita parenti da ricordare.
Special Interview | Simone Petilli

 

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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