Che valore hanno i sogni? No, un momento. Meglio dire: “Cosa si è disposti a fare per un sogno? Quanto conta essere lì, sfiorarlo con un dito e vederlo andare via? Quanto costa la rinuncia ad una cosa bella?”
Bisognerebbe chiederlo, questo, a Michele Scarponi e a tutti i ragazzi d’Italia che, in questo sabato di giugno, hanno corso per la maglia che porta i tre colori della nostra bandiera.
Forse, oggi, nel nostro Paese che combatte, giorno dopo giorno, con l’oscillazione dello spread, si cerca a tutti i costi di trovare vacua unità negli Europei di calcio.
Sono così stanca di questi paragoni con la palla che rotola, degli urli delle vuvuzelas che non c’entrano niente con quelli degli operai che sudano nelle fabbriche per lo stipendio sempre più ristretto, dei giocatori strapagati che hanno tempo da perdere in battute avvilenti.
E forse è proprio per questo che oggi, in quei ragazzi piegati sulle biciclette, in quelle smorfie di dolore e di fatica ho visto finalmente l’Italia che sogna.
Non quella luccicante degli stadi illuminati, non quella dei campi tirati a lucido per scarpette pulite.
Ma quella che ascolta le urla dei suoi tifosi tra le montagne nuvolose e l’asfalto bagnato. Quella che stringe i denti in salita e ha paura, ma non tira i freni in discesa.Quella che lotta anche quando, forse, tutto è perduto.
Hanno bisogno di questo, gli italiani, di vedere quegli uomini in bicicletta per capire che sì, quei tre colori stampati sulla maglietta sono ancora importanti.
E grazie, allora, a tutti quelli che oggi hanno creduto, a loro modo, in questo sogno bianco rosso e verde.
Grazie a Daniel Oss che, tra la stanchezza e la fatica, ha forzato la sua grinta sui pedali, ed è stato in fuga per quasi metà corsa.
Grazie a Vincenzo Nibali che ha sciolto le briglie delle gambe ed è volato all’attacco. Grazie a Danilo di Luca e a Moreno Moser che, fino agli ultimi chilometri non si sono arresi e hanno gettato l’anima sull’asfalto pur di non cedere.
Grazie ad Alessandro De Marchi che non si è lasciato vincere dallo scoramento, che è rimasto incollato alla ruota dei suoi compagni di fuga.
Grazie a Michele Scarponi che è rimasto da solo al comando. Al comando del suo sogno.
E grazie anche a Franco Pellizzotti che ha dimostrato che dai brutti momenti ci si può risollevare, che la soluzione è solo una: continuare a pedalare, andare avanti, non fermarsi.
E’ questa la nostra Italia. L’Italia che sa di asfalto, di sudore, di fatica, di lacrime, ma anche di gioia e di festa.
E’ questa la nostra Italia, Presidente, lo ricordi.
Quella da applaudire e da indicare ad esempio per gli uomini di domani.