Non riesco a dormire, una cosa che non mi succede praticamente mai. Il mio corpo è così assuefatto alla sensazione di lasciare di botto la realtà per i fatti suoi almeno per otto ore che – normalmente – appena tocco il cuscino mi spengo. Ma stasera no. Chiudo gli occhi e ottocentomila pensieri mi affollano la testa come se fosse la tangenziale in ora di punta. Quando finalmente riesco ad ignorare il casino che fanno, il gatto inizia a miagolare e mi sveglia per tre volte con un intervallo di un’ora ciascuna. Per tagliare corto, quando suona la sveglia, semplicemente il mio cervello mi dice di spegnerla e tornare a dormire. Così che mezz’ora dopo mi catapulto dal letto e – mentre mi vesto – penso che in mattine come queste non ci sono gran vantaggi ad essere l’unica ragazza sulla faccia della terra a non avere un correttore in casa.

Bergamo è deserta, le uniche persone che si sono svegliate presto oggi sono già in processione tra i bus e il foglio firma, sperando di farsi un ultimo selfie con Nibali o con Valverde, una di quelle cose da raccontare cento volte ai propri amici – o addirittura ai figli che magari non vorranno avere niente a che fare con il ciclismo. La gente è triste per situazioni strane e poi non versa una lacrima quando lascia andare le uniche cose che contano davvero. Quale via è più facile? Rendersi conto e far finta di nulla o non esserne consapevoli affatto?
Finisce il conto alla rovescia, partiti.
Questo silenzio è assordante.

La corsa è ancora a settanta chilometri dall’arrivo quando guardo la gente che passeggia dietro la basilica e guarda tra lo stordito e meravigliato quella che i babbani chiamano “gara di biciclette”. A volte mi capita di pensare che sarebbe bello vivere così, passeggiare mano nella mano in un sabato di sole e chiedersi: “che cazzo fanno quelli?” ma dura solo una frazione di attimo, lo sappiamo bene che noi non siamo fatti per stare lontani dall’azione, da quel momento di estasi di quando ti alzi sui pedali e la stanza non ha più pareti, ha alberi, alberi infiniti. Guardando le chiome dei platani, penso che l’autunno è l’ultima chance che hanno di mostrarsi per come sono, poi in inverno qualcuno li segherà di nuovo senza pietà e resteranno solo delle altre ferite che non faranno in tempo a metabolizzare e così via, e così via.

Questo sembra un traguardo da scalatori, lo dicono i tre che sono rimasti soli adesso, sul San Fermo: un vincitore che non è abituato a perdere e due che ci provano sempre senza riuscirci – quasi – mai. Ma i pronostici sono per la normalità, non esistono corse proibite quando hai le gambe. E poi al ciclismo non frega niente di chi tu sia, la sola cosa che gli interessa è quello che dimostri. Quando ti perdi, è lui il primo a dirti che sei stato un coglione. A tutto però si può rimediare, in fondo non c’è niente come questo sport per ricordarti che la cosa migliore che puoi fare è scombinare le carte sul tavolo, accelerare in curva, fare un gesto plateale, rimettere la tessera al posto giusto – ditelo come volete. La verità è che sono gli outsider a sapere come cambiare le regole del gioco.

La luna quasi piena offuscata per metà dalle nuvole nere è inquietante come sempre e la funicolare continua a vegliare la città, tagliando in due la collina come uno squarcio dal quale sgorga la luce. Alcune cose, quando le guardiamo, sono come le abbiamo viste l’ultima volta e saranno così anche nei prossimi secoli.
Quando arrivo a casa mi addormento in un nanosecondo, faccio un bel sogno ma quando mi sveglio c’è l’odiosa domenica mattina a guardarmi con i suoi occhi lattiginosi e la mia stanza non ha alberi. Le pareti sono bianche come il colore incerto dei giorni in cui ti rendi conto per la prima volta che, qualunque cosa accada, la luce vera non se ne va mai.

Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.