Case bianche come il gesso, churros con il miele e spicchi di luna. Un canto andaluso lungo sette giorni tra l’entroterra e la costa affacciata sull’Africa, divisi a metà dal blu del Mar Mediterraneo che mi ha fatto sentire di nuovo immersa nel realismo magico del Sud. Tra insalate balinesi e melanzane fritte, ecco qualche consiglio per sentire l’anima autentica della Costa del Sol dal risveglio della siesta fino a notte fonda e – soprattutto – lontano anni luce dal turismo di massa.

Alicante
La prima ora dopo l’atterraggio la passiamo a cercare la sala stampa nel puto centro di Alicante – sì, per chi ancora avesse dubbi, questa non è una vacanza. Ci sono trentuno gradi umidi, un classico del sud che ci accoglie ad ogni rotonda con le sue palme svettanti nel cielo torrido e bianco. Nonostante tutto questo, io mi sento come se qualcuno mi desse il benvenuto a casa, o comunque in un posto in cui hai solo ricordi belli. Dopo aver girato un’infinità di viuzze senza il benché minimo segno di stop o di precedenza, infiliamo la macchina in un parcheggio, recuperiamo l’accredito della nuova targa e cerchiamo un posto dove mangiare. Questa città ha un nonosoché di strano, passiamo per un negozio di giocattoli che mi fa pensare al Natale e poi poco più in là c’è il volto di Frida Kahlo sul muro di un barbiere. Un pot-pourri casuale di cose che dovrebbe essere approfondito. Ma a noi manca sempre il tempo. Entriamo in un posto pieno di specchi dove c’è il menu a quindici euro ed è compreso di acqua, antipasto, primo, dolce e caffè – eh no, non stiamo girando una puntata di Camionisti in Trattoria.


Ci portano un pane gigante caldo all’aglio con due tipi di salse, una gelatina di pomodoro che sembra una torta, l’insalata russa e…i buñuelos de bacalao per il quale – in modo totalmente inaspettato – il mio corpo inizia a sviluppare una assurda dipendenza. Poi è il turno di una pentola di arroz con carne e verdura per me e il tanto desiderato Fideuà de marisco per Iraia – un piatto tipico valenciano che consiste in pasta in brodo di pesce preparato generalmente con rana pescatrice e frutti di mare. Naturalmente i dolci sono tutti derivati da creme caramel o cose del genere e hanno un tasso zuccherino folle. Li mangio lo stesso perché bisogna sempre ricordare che, durante questi viaggi, non puoi mai sapere quando il tuo corpo potrà assumere di nuovo calorie.


30 y Tantos Teatro Principal
Avenida de la Constitución, 4
03002
Alicante
Il pomeriggio è un insieme di cose da fare che non hanno niente a che vedere con un canonico “rest day” e dopo essere tornate dall’ultimo hotel finiamo distrutte a cenare nel giardino del nostro albergo con un’insalata tropicale spaziale che sembra di stare a Bali. Fuori il quartiere è tutt’altro che un’isola indonesiana, vogliamo prendere un Gin Tonic ma il bar è già chiuso, il portiere di notte ce ne indica uno sulla via ma è una sala da gioco, piazzata nel bel mezzo di case popolari. Domani andrà meglio. L’Andalucia è di nuovo una grande e vasta pagina bianca dove scrivere i sogni e le visioni delle magiche notti del sud.
Almuñécar
Dall’autostrada, questa città, con tutte le sue case bianche vicine una sopra l’altra, sembra un’isola incantata in mezzo al mare che ha i colori acquerellati della sera. Dalla stanza dell’hotel c’è una vista incredibile sul centro storico vegliato da una piccola falce di luna come in una fiaba orientale. Questa costa sarà anche invasa dai turisti ma non c’è niente che potrà mai portarle via l’atmosfera da Mille e Una Notte, che ti fa venire voglia di non andare a dormire mai.
Quando usciamo per mangiare sono le dieci. I supermercati sono ancora aperti, la gente passeggia sul lungomare o riempie i tavolini delle churrerie che sono ovunque, insieme ai piccoli chioschi dove si mangia il pesce appena pescato. Qui d’estate la vita comincia quando tramonta il sole. Il nostro ristorante è a un chilometro ma se ne potrebbero fare cinque così, camminando lentamente, guardando di tanto negli androni con le scale piastrellate di ogni colore e lasciandosi avvolgere dal suggestivo mix di chiese cristiane e costruzioni arabeggianti.

Si uniscono a noi Tim, Justin e Serge che dopo l’ennesima giornata passata in sella ad una moto in mezzo alla corsa vogliono solo bere e mangiare la qualunque – purché sia pesce fresco. L’antipasto da compartir è un jamon che suda più dell’amico addetto alla griglia a Ferragosto e ha il sapore autentico, quello che ti resta in bocca per un po’. Loro poi prendono una gigantesca paella di mare e io mi faccio consigliare da Iraia una cosa con il miele. Capisco dopo che sono melanzane fritte – un enorme piatto di melanzane fritte – che non ho nessunissima idea di come potrò fare a finirle. Infatti non succede e come sempre sono io ad avere l’idea di bere uno shottino di Jägermeister. Finalmente poi ho capito perchè tutti ti guardano strano quando dici di volerlo a fine pasto, la verità è che qui si beve solo alle cinque di mattina quando ci si è sfondati di tutto il resto prima. Insomma, è tipo un colpo di grazia.
Alla fine non posso rifiutare il postre che è una specie di torta con una crema deliziosa. Non so come si chiama e va bene così, un po’ come l’unico luogo al mondo di cui non so le coordinate perchè era giusto così, le emozioni intense non hanno mai nome. Va beh, qui si tratta di una semplice torta…forse potrei ripescare il nome, giusto per avere il piacere di riordinarla un’altra volta. A proposito, melanzane in spagnolo si dice “berenjenas”, giusto per ricordarmi di non ordinarle più.
Brewery “Cortijillo”
Avenida Mar De Plata
º3 Bajo
18690
Almuñécar


Córdoba
Ho una fame che non ci vedo. Per Iraia stasera equivale ad una specie di riunione di famiglia. A Córdoba ha mezza famiglia e un numero incalcolabile di amici con i quali passa mezza estate a ballare, bere e cantare fino alle cinque della mattina. Usciamo con le sue amiche – ho la sensazione che prima di mangiare passerà un secolo – in un localuccio vicino al nostro hotel, proprio davanti alla Mezquita. In una vetrina ci sono delle tortilla di patatas enormi, che sembrano quasi una forma di pecorino.
Bar Santos
Calle Magistral González Francés, 3
14003
Córdoba
Le ragazze prendono una birra ma io – da oramai non so quando – non riesco a mandarne giù neanche un sorso. Prendo un calice di vino bianco e poi andiamo a fare le foto alla Calleja de Las Flores, un minuscolo vicolo che è stato addirittura dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. La vera magia però è alla fine: una volta percorsa la breve stradina, basta girarsi per rimanere incantati dallo scorcio unico sulla torre della Moschea e – questa sera in particolare – anche della luna andalusa che guarda le sue case bianche di gesso come farebbe in un quadro.


Finalmente raggiungiamo il locale della cena dove suonano il flamenco dal vivo. La tipa ci offre un privé gratis, ovvero una stanza con bagno privato al secondo piano che si affaccia sul cortile interno. Arrivano Fran, José e anche Nacho stavolta, con il quale ho un accordo segreto sull’ordinazione dei Flamenquines – ho già spiegato di questi, qui. Ma passa ancora mezz’ora e altri tre calici di vino prima di mettere qualcosa sotto i denti. Oramai credo di non avere più fame quando arrivano le tapas, compreso un tataki di tonno e – udite udite – l’alga Wakame. C’è il tartufo, il salmorejo e chissà cos’altro. Tutti i sapori si mescolano come succede spesso qui e non sai più distinguere niente. Alla fine pare che si debba sempre mangiare fino a scoppiare ma continuo ad andare a dormire sognando la colazione.
La Chiquita de Quini
Calle Manríquez, 3
14003
Córdoba
Il giorno dopo Córdoba è quasi deserta, così come le strade che percorrono l’Andalucia in lungo e in largo. C’è Starman in radio mentre guido tra il nulla e i paesini bianchi in lontananza che sembrano chiazze di nevi perenni. Certi luoghi sono così: inaspettatamente illuminano il nostro viaggio come un lampo nel buio, sono una Coca-Cola per combattere l’hangover, un abbraccio lunghissimo dopo essersi persi per chilometri.
Ed è esattamente per questo che li amiamo.