La mia prima volta in Euskadi, languidi tramonti sull’Oceano, succulente tortillas de patatas e dolci al burro che sembrano usciti dalle sagre di paese. Sei giorni di full immersion nel selvaggio Nord della Spagna – con una guida locale d’eccezione – mi sono bastati a sentire il carattere fiero e orgoglioso di uno dei più antichi popoli d’Europa.
Tra cene a mezzanotte e casi internazionali su alghe giapponesi, ecco alcuni consigli totalmente casuali per vivere esperienze indimenticabili da Bilbao alle Asturie e ritorno.

Gorliz parte I
Quando scendo dall’aereo ho una fame che mangerei anche il legno. Una delle tante cose buone della Spagna è che non esiste un’ora canonica per mangiare: hai fame? Beh, troverai sempre qualcosa da mettere sotto i denti. Chissà perché invece noi non riusciamo mai ad abituarci a questa attitudine, dobbiamo per forza mettere le gambe sotto al tavolo alle dodici e cenare alle sette e trenta. Il tempo non può continuare a dominarci, è ora che noi prendiamo il timone.
Gorliz è un paesino affacciato sull’Oceano, un paradiso per i surfisti che girano il mondo alla ricerca dell’onda perfetta. Iraia – che qui ci abita da gennaio a dicembre – mi porta nei suoi luoghi del cuore, compreso il famoso chiringuito nella pineta dove prendiamo una Coca-Cola mentre la luce del pomeriggio del Nord avvolge la costa. Prendo un panino in uno di quei negozi che in Italia non esistono più e vendono di tutto – ma veramente di tutto – dai gelati ai salumi passando per le caramelle e il pane poi guidiamo verso Armintza, il jolly per quelli che vogliono evadere dal turismo compulsivo dell’estate di Gorliz. Questo è un luogo decisamente più tranquillo: ancora meno case, un porto e una spiaggia di rocce nere che hanno ovunque finestre sull’Oceano, aperte dall’acqua per millenni. Da lì, quando il mare è agitato, entrano le onde e creano spettacoli inimmaginabili.


Prima di tornare, andiamo ad un punto panoramico dal quale si vede in lontananza San Juan de Gaztelugatxe, famoso in tutto il mondo da quando è diventato una delle location di “The Games of Thrones”. Qui sembra di stare in una cartolina, con l’oceano a perdita d’occhio fino al confine azzurrino del nulla e l’erba alta tra le rocce a picco che si piega nel vento. Ma, come dice una canzone, c’è una crepa in ogni paradiso. Laggiù nella conca, già tutta nell’ombra, c’è la centrale nucleare di Lemóniz, teatro di terribili battaglie tra l’ETA e la Guardia Civil negli anni Settanta ed Ottanta. Due reattori nucleari da 900 MWe che non furono mai completati e adesso sono lì a guardare il mare nella sera, a testimonianza di come l’uomo sia totalmente incapace di rimediare ai propri assurdi errori.
Ma forse anche di quanto possa essere sanguinosa la lotta quando c’è da difendere qualcosa che amiamo profondamente. La terra, in questo caso, vergine ed incontaminata, così come la vedevano gli antenati millenni fa.


Adesso è l’orario giusto per andare a guardare il tramonto sul lungomare di Gorliz mentre mangiamo quella che, secondo Iraia, è la tortilla de patatas più buona di tutto il País Vasco.
Txispas taberna
Iberrebarri plaza, 2
48630
Gorliz
(Bizkaia)
Come al solito ha ragione lei: mi sembra assurdo che patate e uova possano avere questo sapore celestiale che mi si scioglie in bocca mentre il sole sparisce lentamente dietro l’orizzonte. Si sente la musica in lontananza, un sacco di gente viene qui per vedere questo spettacolo gratuito. Dove ora ci sono le dune di sabbia fine e dorata, una volta c’erano i parcheggi e ci facevano concerti pazzeschi ma poi qualcuno ha pensato che era meglio ridare alla natura ciò che le era stato ingiustamente tolto. Ogni tanto le storie hanno un lieto fine.



Gorliz parte II
Guardo la Coca-Cola con ghiaccio e limone, sapevo che non sarebbe stato facile portare avanti il mio piano di disintossicazione in due lunghe settimane di corsa. La bevo. C’è sempre tutto l’inverno per ripulirsi. Là fuori un vento che promette bufera sta tormentando il giardino di questo strano posto con altrettanto strani quadri appesi alla parete. Uno credo sia Alice Cooper con in braccio un gatto e sembra rubato da una casa infestata. Al centro c’è un organo di una chiesa e in un angolo tipi che fanno sushi. Pare sia buonissimo ma io non posso essere un buon giudice in questo campo e poi abbiamo in programma solo di tornare a casa. I primi giorni sono sempre fatali. Prendiamo di nuovo le tortillas e le mangiamo mentre c’è una specie di tronista che parla in tv.
Milagros jatetxea
Barrika a Sopelana Errepidea, 1
48650
Elexalde
(Bizkaia)
L’indomani a colazione Iraia ha pietà di me che sto già avendo un calo di zuccheri e mi consiglia di provare i bollos de mantequilla del negozio qui sotto. È un dolce tipico di Bilbao che consiste in una brioche al burro con sopra una spolverata di zucchero e ripiena di crema al burro. Io sono diffidente per natura ma lei mi dice che qua vengono anche dai paesi vicini per prenderli e li fa una pasticceria.
Manu y Dani
Itsasbide Kalea, 13
48630
Gorliz
(Bizkaia)
Alla fine lo mangio ed è come ingoiare l’equivalente di due krapfen con la panna ma sono buonissimi veramente, soffici e cremosini, un attentato in piena regola. La mangio con il té verde con un pezzo di ghiaccio dentro. Le cose strane non finiscono mai.


Oviedo
Dopo non so quante ore di auto tra le gole Asturiane, arriviamo all’hotel che – per grande fortuna – è a duecento metri dal Bulevar de la Sidra. Il Sidro di mele è un vero e proprio nettare sacro a questo Principato del quale è diventato quasi un simbolo. Ma la cosa particolare è decisamente il modo in cui viene versato – e bevuto. All’entrata del locale c’è una marea di gente al banco che aspetta il proprio bicchiere, attorno ci sono bottiglie verdi senza etichetta ovunque: appese alle pareti, sulle mensole o nelle grandi vasche di pietra. Nella sala da pranzo il ritmo è più tranquillo e c’è questo lieve odore di vino, come se qualcuno l’avesse rovesciato sul pavimento. Di fatto è più o meno così. Versare il sidro non è cosa per tutti, c’è una tecnica particolare – detta “escanciar” – e prevede che il liquido venga versato dall’alto con il braccio ben teso sopra la testa e tenendo invece in basso l’altra mano con il bicchiere. Questo lungo getto permette al sidro di sprigionare al massimo la spuma ed è proprio quando ancora spumeggia che deve essere bevuto in un solo sorso. Il cameriere – che sa perfettamente di essere carino – lo versa da autentico poser e la bottiglia è finita in men che non si dica. Ordiniamo crocchette – sì, le mangerei anche a colazione – e un Pan Bao soffice come una nuvola ripieno di cochinita pibil e chutney di mango, un mix così buono che mi rimane la fame. Ma non esiste nessun dolce leggero qua, così per l’ennesima volta mi tocca skippare il postre, esattamente come quando Spotify non riesce ad azzeccare la tua canzone.


Fuori Oviedo è scintillante nella sua notte tradizionale, nei locali c’è musica dal vivo e la gente balla dentro il vortice allegro dell’ennesima festa. Per la strada ci sono le conchiglie del Cammino: da Oviedo parte il pellegrinaggio più antico che collega i pellegrini a Santiago de Compostela. Il frastuono che stordisce e la contemplazione nel silenzio: siamo fatti di ombra e di luce e sentiamo il bisogno di entrambi per sentire la vita scorrere dentro di noi.
El Ferroviario
Calle Gascona, 5
33001
Oviedo
(Asturias)
Santander
Quando arriviamo alla residenza universitaria, la tipa al desk dice che non ci sono phon per i capelli nelle stanze. Ho voglia di urlare. In fondo tutti si portano il proprio, nella struttura ne esiste solo UNO e ovviamente nessuno l’ha restituito. Adesso è in una delle cento camere, chissà quale. Niente. A suo favore c’e da dire che la stanza è una coccola, tutta nuova e in legno, con le scrivanie. Al posto della TV c’è una specie di schermo per studiare e una piccola cucina Ikea per fare tutto. Bello ma di sicuro mi suiciderei il terzo giorno. Per fortuna non siamo studenti ed usciamo a cena con gli amici del Marca in una di quelle che in Italia si chiamerebbero “trattorie” – ovvero dove si mangia bene una cucina genuina e casalinga. Nacho è il grande assente della serata che è rimasto in hotel con il suo panino comprato probabilmente in un distributore automatico. E noi giustamente per farglielo pesare continuiamo a mandargli foto su Whatsapp di ogni singola cosa che portano in tavola.

Taberna Alamar
Calle Joaquín Costa, 43
39005
Santander
(Cantabria)
Ovviamente io sono nuovamente bullizzata da Iraia perchè non mangio il pesce ma gli altri sono comprensivi e ordinano anche le crocchette di jamon da compartir. Iraia ordina il tataki di tonno e va incontro ad una delle più grandi delusioni della sua vita: manca l’alga Wakame, che è il solo, vero ed unico motivo per il quale ha scelto questo posto per la cena. Si sta per aprire un caso internazionale con il cameriere quando interviene il jolly Cristina, una cameriera laureata in diplomazia della ristorazione che sistema le cose in meno di cinque minuti e rasserena gli animi. Alla fine c’è uno shottino di Hierbas per tutti e va bene così. Fuori il mare è avvolto dal buio e – come tutte le cose che lo sono, anche nella vita – sembra non esistere.
TO BE CONTINUED >>>