Nella boulangerie c’è profumo di dolci al burro, in vetrina ci sono un centinaio di pain au chocolat, pain au raisin e croissant dorati. Fuori il sole illumina le case di mattoni a due piani della via principale di Saint-Amand-de-L’Eux, uno di quei paesi semisconosciuti che sta tra Roubaix e la Foresta, dove la vita scorre tranquilla di sabato in sabato, per decenni, per millenni. Qui la gente sorride, qui la gente ringrazia, non ha fretta, non ha il telefono in mano e non si lamenta per ogni minima stronzata. Qui esiste solo la realtà che vorrei, i cavalli che pascolano tranquilli nei recinti, le finestre grandi che fanno entrare la luce, i vialetti bianchi dove parcheggiare la macchina la sera e guardare il tramonto come dentro ad un libro.

Trovare l’imbocco della Foresta è sempre un problema, come se fosse un posto senza coordinate precise, quei buchi neri persino nella mappa di Google che dimostrano come esistano ancora dei luoghi non classificabili. O dei quali non vogliamo sapere la posizione esatta perché in realtà sono ovunque noi andiamo.
Ma eccole lì le miniere che si stagliano nel cielo azzurro, il gregge di ciclisti che entra nel tritacarne di Arenberg, bestemmiando all’entrata di una chiesa. Questa corsa non è come le altre, sfidarla ha i suoi lati bui. Le ombre si infilano tra le betulle bianche, nonostante il mattino di sole. La notte e il giorno si uniscono in preghiera. La corteccia è striata di nero: sono i solchi e le cicatrici del passato. Migliaia di questi alberi sacri costeggiano l’autostrada. Migliaia di porte tra la terra e il cielo che disegnano cerchi concentrici nelle loro anime, in attesa che qualcuno si accorga di loro.

I campi sono digiuni dalla pioggia da mesi e il Carrefour è battuto dal vento come in un deserto. La terra spaccata dal sole ti fa sentire come su un altro pianeta: una landa desolata dove l’unica casa per chilometri è vegliata da tre alberi custodi, frustati dall’aria come bandiere. Le ammiraglie lasciano nuvole di polvere dietro di sé mentre l’elicottero spunta dall’orizzonte in un’inquadratura da serie tv. Ho ancora un pezzo di pain au chocolat nello zaino, lo mangio insieme alla polvere che si è infilata ovunque.


Poi la maglia tricolore passa in un soffio mentre la gente urla intossicandosi in quell’aria bianca. Elisa Longoborghini sta tagliando la linea bianca del velodromo mentre il burro mi si sta ancora sciogliendo in bocca e le persone lentamente tornano alle loro macchine. Qualcuno resta. A montare le tende, accendere la brace per la cena, aprire le birre ghiacciate. Aspetteranno l’alba dopo una lunga notte.
In questa luce dorata che precede il tramonto, cielo e terra sembrano una cosa sola.

La betulla è l’albero sacro per eccellenza delle popolazioni siberiane, presso le quali riveste le funzioni di Axis Mundi, ovvero di collegare Cielo, Terra e Inferi. Viene anche chiamato “Il custode della porta” perché apre allo sciamano la soglia del cielo.
Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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