Tecnicamente dall’uscita autostradale di Savignano sul Rubicone al Monte Carpegna ci sono circa un’ora e mezza di macchina. In realtà se ne percepiscono otto. Un tempo interminabile durante il quale ci si inerpica tra le colline dell’entroterra, attraverso paesi semidisabitati dove i camini fumano come in un racconto di Dickens e i bar sembrano aspettare avventori fantasma uscire dal bosco, a chiedere un pacchetto di sigarette per combattere il freddo e la solitudine. Mentre percorri queste strade con i tornanti stretti, è inevitabile pensare a quanta strada facesse Marco Pantani per andarsi ad allenare proprio là. Chilometri e chilometri nel bel mezzo del nulla, apparentemente lontano anni luce da casa, solo perché quella salita era la sua preferita e, sulle sue pendenze, poteva immaginarsi all’attacco in qualunque altro luogo nel mondo. Soffrire a fondo nel silenzio. Mont Ventoux. Alpe D’Huez. Galibier. Un respiro, il sole che filtra tra i pini. Mortirolo. Oropa. Gli alberi spogli allungano i loro bronchi neri contro il cielo, come polmoni che cercano l’aria.
Madonna di Campiglio.

Splende il sole sulla curva Pantani. Qui, sul muretto lungo tutto il tornante, una volta c’era scritto “questo è il cielo del Pirata” con un rullo bianco, mezzo scrostato. Adesso è stato rimesso a nuovo ma non è più la stessa cosa. Le previsioni davano neve e dieci gradi sotto zero e i tifosi dicono che Marchino lassù ha fatto loro un bel regalo, aprono il Sangiovese e finiscono secchi di vernice gialla e rosa, srotolano tutti gli striscioni che avevano in garage. Poi arrivano le nuvole e loro ridono ancora, pensando che Marco comincia a fare uno degli scherzi dei suoi, come quella notte del tredici gennaio di un paio di anni fa, in cui stavano festeggiando il suo compleanno e nevicò a Cesenatico, sulla spiaggia, solo tutt’attorno alla sua statua. Perché era un burlone lui, gli piaceva scherzare.

Al di là della sua mistica bellezza, dei pini longilinei che incorniciano la strada di montagna con l’asfalto spaccato dalla neve e dal ghiaccio dell’inverno e di quel leggero soffio di vento che la percorre costantemente, questa salita è tutt’altro che un gioco. Tecnica, stretta, ostile e poi ripida quando meno te l’aspetti. Il Carpegna è una specie di acclimatamento agli ottomila, specialmente in giornate come queste dove soffia l’alito gelido della neve che è rimasta in cima, nei tratti all’ombra il freddo è un coltello affilato che ti fa desiderare una colata di te bollente sulle mani per sentire il dolore sordo del caldo che riprende possesso del corpo. I primi passano senza sentire, quando stai volando raramente ti accorgi di quello che ti sta attorno, ma gli ultimi si alzano sui pedali come una preghiera. Non si può fare altrimenti in un posto come questo, attraversato da una luce che sembra quella che penetra nelle chiese, come quella di Lowell, Massachusetts, dove nacque Jack Kerouac un secolo fa. A volte non si può abbreviare l’agonia, possiamo solo lasciare che ci passi sopra, permettendo agli sprazzi di luce di attraversarci di tanto in tanto e ricordarci che la beatitudine esiste, anche quando non sentiamo più niente.

Ho una ruota in mano e quattro sulla strada quando vedo un cavallo baio che cammina tranquillo sul marciapiede. Sento di nuovo quella sensazione che il mondo sia sottosopra ma non è vero, tutto continua come sempre, il Telepass mi suona nelle orecchie all’entrata del casello, pochi istanti dopo. Penso che se mi addormentassi stanotte e mi risvegliassi dopo cent’anni, vorrei subito sapere se gli alberi siano ancora su questa terra, se la gente abbia finalmente smesso di intossicarsi con la plastica, se gli oceani siano salvi e soprattutto se ci sia ancora una possibilità per noi di ricominciare tutto da capo e – questa volta – di essere felici.
Il Ginko Biloba è il più antico albero vivente, la sua prima comparsa sulla Terra risale a 260 milioni di anni fa. Senza alcun bisogno di essere congelati, i suoi semi possono prolungare lo stato vegetativo fino a cento anni e, una volta rimessi a terra, sono in grado di germogliare nuovamente.