Tre giorni fuori dal mondo insieme alla mia mamma per festeggiare – in ritardo – il suo compleanno, immerse nella campagna di giugno che di notte si popola di rane e fagiani. E’ così che dopo mesi di asporto forzato, paste scotte in vaschette di alluminio, ordini su Just Eat e colazioni impacchettate senza amore, torno a scrivere un diario di viaggio come si deve. Dove? In Italia – che è un gran bel posto per vivere e mangiare – e in particolare in Emilia-Romagna, la regione dell’abbondanza e del liscio, regno delle Azdore* che ti guardano con aria minacciosa quando dici che a pranzo non hai mangiato niente.
Qui sotto i soliti consigli per un sano week-end di tregua da tutto il resto, senza soffrire di fame.

* Azdora – dal dialetto romagnolo, significa “massaia” o “reggitrice” ovvero colei che presiede al governo della casa. Le azdore romagnole tramandano, di generazione in generazione, la propria esperienza nello stendere a regola d’arte la pasta fresca all’uovo.

Faenza
In genere non mi piacciono le città circondate dalla pianura ininterrotta, mi danno un senso di soffocamento, come se l’asfalto dovesse sciogliersi sotto i tuoi piedi da un momento all’altro. Faenza è tipo  una macchina lasciata sotto il sole estivo per otto ore, in più tutti i negozi sono chiusi come se fosse il quindici di agosto e in piazza la luce è più abbacinante di quando guardi lo schermo del telefono in piena notte. Più per curiosità che per fame, ci fermiamo in un locale in un edificio storico, tutto in mattoncini rossi con delle decorazioni pazzesche attorno alle porte.

Appena entro, capisco che è un posto dove farei colazione tutte le mattine: sul menù della lavagnetta c’è scritto “French toast” ed è pieno di piante che cascano dal soffitto e da ogni dove. Prendiamo due – anzi tre – centrifugati e una focaccia ben condita con gli ingredienti che strabordano da ogni parte. Due cani gemelli ansimano accaldati all’ombra mentre i padroni parlano di cose che non sento, la canzone di Baby K alla radio mi ricorda la Corsa dei due Mari e il coltello rigira nella sua ferita. Nessuno mi ha ancora detto come cicatrizzarla.

QCorner

via Severoli, 8
48018
Faenza (RA)

Non è facile arrivare alle sei di sera – ora della partenza della crono – in una città praticamente fantasma. Entro in un negozio miracolosamente aperto, ci sono strani gechi fatti con gli specchi appesi alle pareti, cerco una cavigliera. Mi piacciono tutte ma prendo quella con il cornetto rosso. Adesso voglio un gelato, prendiamo un cono da due gusti spaziali: caramello salato e camomilla. La cosa migliore? L’acqua la vendono nei brick di tetrapack e a me sembra persino più buona e più fresca di quella che sta nella plastica a rovinarci le vite.

Peace&Cream

piazza Martiri della Libertà, 43
48018
Faenza (RA)

Imola
Il sole del tramonto disegna profili dorati all’erba che cresce selvaggia nei canali. Non è passato neanche un anno dall’ultima volta che sono stata qui ma adesso la campagna sembra più accomodante, ora mi dice rilassati, non ascoltare, non pensare, non sentire. Riconosco tutti gli incroci come se fosse casa mia e ancora mi stupisco che così vicino alla città ci possa essere un luogo che sembra lontano da tutto. Giovanna e Fabio ci accolgono come se fossimo tornati a casa da un lungo viaggio, c’è la solita atmosfera sognante dell’antica casa di campagna dove le porte massicce si mescolano alle tipografie degli anni Cinquanta. C’è Dylan che scodinzola felice e i gatti che tornano dalla loro ispezione serale. Giovanna ha prenotato la cena per tutti ad un’osteria tipica qui vicino specializzata – naturalmente – nella pasta ripiena. Ordiniamo Sangiovese e cappellacci, che per i profani sono involucri di sfoglia all’uovo di circa sette centimetri, un presidio IGP ferrarese. I miei sono verdi, ripieni di squacquerone, ed è inutile dire che la porzione è regolarmente abbondante.

Questo non ci vieta di ordinare anche un misto di stuzzichini dove troneggia, udite udite, sua maestà la crema fritta. Mentre mi godo uno dei cinque cibi che mi sogno in continuazione, mi cade l’occhio sulla storia della trattoria scritta sulla tovaglietta. Intorno al 1850 qui non c’era che una costruzione diroccata dove spesso sostava il Brigante Stefano Pelloni – detto il Passatore – che, come una specie di Robin Hood toglieva ai ricchi per dare ai poveri. Un giorno gli capitò di fermare, proprio a questo crocevia, due sposi con il loro corteo nuziale. L’intento era di derubarli ma vedendo che erano poveri e avevano solo un paio di scarpe nuove, il brigante se le fece consegnare e in cambio regalò alla sposa una sterlina d’oro. Il gesto generoso fece parlare la gente del posto per un bel po’ di tempo e da allora questo luogo venne chiamato “La Sterlina”.

Trattoria La Sterlina

Via Nuova, 16
40026
Imola (BO)

Guardo il telefono forse per la prima volta dopo cinque ore: è quasi mezzanotte.
Mentre torniamo al B&B Fabio e Giovanna ci mostrano una chiesina sperduta nel buio delle campagne, vegliata da un gigantesco tiglio. Il prete dorme qui, da solo, e io mi chiedo come faccia a non avere una paura fottuta. Data l’estrazione politica del territorio, è facile immaginare un perpetuo scontro tra partito e clero, proprio come nei romanzi di Guareschi. Probabilmente il prete è una specie di don Camillo che dorme con il fucile sotto il cuscino, ecco cosa.

B&B Corte di Maggio

via Correcchiello, 2
40026
Imola (BO)

Dozza
Come sempre ho grandi aspettative su ogni cosa che poi vengono sistematicamente deluse. Su Dozza ho l’hype alto da mesi, uno di quei posti che ho segnato con il rosso – cioè da vedere assolutamente, il più presto possibile. Ma la realtà non è mai come la vediamo in foto. I dipinti che su Instagram sembrano avvolgere il visitatore in una realtà parallela, appaiono così strani e disuniti dal resto, alcuni non li capisco nemmeno, forse mi inquietano anche. Quello che mi colpisce veramente è un drago azzurro lungo tutta la parete di una casa: assomiglia agli alebrije messicani che incarnano gli spiriti-guida, custodi dell’esistenza. Dozza ha un rapporto speciale con queste creature leggendarie.

Qui hanno aperto “La Tana del Drago”, un luogo interamente dedicato allo studio delle opere di Tolkien e della letteratura fantastica in generale. E poi c’è un drago – Frystan – che protegge il paese, abbarbicato sul suo uovo, chiuso nella torre dove garriscono nuvole di rondini e si vedono le colline dorate dal grano a perdita d’occhio, quasi fino al mare nelle giornate di bel tempo. E’ questo panorama che molte, moltissime estati fa guardava anche Caterina Sforza, figlia del Duca di Milano e discendente di una dinastia di condottieri. Ardita, impetuosa, capace di tutto per difendere ciò che era suo.
Scendiamo a bere un centrifugato di frutta mista. Ma chi gliel’ha detto di metterci il melone?

Rocca Sforzesca di Dozza

Piazza della Rocca
40026
Dozza (BO)

Brisighella
A cena ci raggiunge la Vale e troviamo un locale caratteristico nel sorprendente borgo di Brisighella, circondato da queste colline che sembrano rubate da un angolo della Toscana. Il ristorante è praticamente scavato in una roccia di gesso e il cameriere porta una selezione di panini e dei grissini al miele di castagno. Probabilmente potrei passare una vita intera a sgranocchiarli. Su un cartellino c’è scritto di non preoccuparsi se in questo locale il telefono non prende. Figuriamoci se mi interessa.
Io ordino un piatto di garganelli integrali fatti in casa con le verdure e il mio scetticismo sulla ratatouille viene completamente spazzato via da un mix di sapori che non ha niente a che vedere con quello assaggiato prima. Ma l’apoteosi viene raggiunta con il dolce: un bicchiere dall’aspetto innocente contenente una spuma di cioccolato caldo, una pallina di gelato al cioccolato fondente e una mousse di cioccolato bianco fatta molto probabilmente con le nuvole del paradiso. Al primo cucchiaio ho la netta sensazione di non aver mai – e dico mai – mangiato una cosa così buona. La parte più divertente? In bagno non c’è un rubinetto normale per lavarsi le mani ma un grande volto in pietra che assomiglia a quello della Bocca della Verità che vomita acqua fresca da una parete. Questa chicca la vorrei anche a casa mia.  

Ristorante La Grotta

via Antonio Metelli, 1
48013
Brisighella (RA)

Fuori sta scendendo la notte mentre i cosplayer del festival fantasy fanno le foto nelle viuzze del centro e una di loro ha una gonna di tulle rosa con le luci che la fanno sembrare una creatura delle fiabe. I lampioni in ferro battuto illuminano fiocamente i gradini che salgono alla Torre dell’Orologio. Si sente il tipico odore delle serate estive, di macchia mediterranea. Da qua si vede perfettamente la Rocca illuminata che si erge su uno dei pinnacoli gessosi che dominano il borgo mentre i grilli cantano al buio delle colline invisibili. Credo sia impossibile non lasciarsi avvolgere dall’incanto della luna estiva sopra i muretti a secco, dal cinema all’aperto, dalle luci penzolanti sopra gli usci chiusi e dalla Via degli Asini che i fidati e pazienti destrieri percorrevano nel XVI secolo, portando sul loro dorso i carichi di gesso – la maggiore fonte di sostentamento per la povera gente del borgo.


In centro c’è un negozio che vende piccole statue smaltate. Sono gli Asinelli Portatori di Sogni, capaci di vedere ancora il bello che li circonda e di superare le avversità con umiltà e costanza. “I loro sogni non hanno confini” c’è scritto. Guardo la Torre dell’Orologio lassù in alto e penso che troppo spesso avremmo voluto fermare il tempo e che certe notti incantate avremmo voluto trascorrerle da svegli.
Voglio uno di quegli asinelli ma naturalmente il negozio è chiuso. I confini dei miei sogni sono sempre più netti, così netti che non so più dire cosa racchiudano esattamente.  

Bottega degli Asini

Piazza Guglielmo Marconi, 10
48013
Brisighella (RA)

25.000 anni luce

Campionati Italiani di Ciclismo su Strada

Fulmine a ciel sereno

Campionati Italiani di Ciclismo a Cronometro

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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