In uno dei primi giorni con il sole, i campi tutti uguali scorrono lungo la linea diritta dell’orizzonte. Su di loro si curva un cielo azzurro cupo e afoso che soffoca i casolari sperduti qua e là tra le canne alte e il polline a grandi nuvole bianche. A Modena, una Ferrari color sangue è parcheggiata tra le ammiraglie e i bus, sotto una cascata di fiori, di quelli che ti fanno di colpo pensare a maggio dopo un lungo e strano inverno. Mi fa un male cane il dente. Penso a Niki Lauda, faccia a faccia con la morte, il dolore feroce e il fuoco che non è stato capace di mettere a freno un altro fuoco: correre era quello che importava. Una cosa che gli ha fatto superare tutto, la paura che potesse succedere di nuovo, forse neanche la paura di andarsene per sempre, piuttosto il terrore di provare tutto ancora, passo per passo. Come uno che muore due volte. O cento, tanto quanto succede a noi durante l’intera esistenza, per un motivo o per l’altro.
La volata è ancora così, andare da zero a cento sapendo che non sbaglierai direzione, la velocità, cos’altro, di cosa devi avere paura? Pascal Ackermann cade, striscia sull’asfalto, Demare vola lungo il rettilineo finale, fino in fondo dove la gente sudata, ferma sulle macchine in coda, se lo vede sfrecciare accanto, come se niente fosse. Lo guardano dal finestrino, lo guardano come se non sapessero niente e forse è così. Ma io sento solo che dice una parola, una sola piccola parola, alla radiolina. Supèr. La vita fluisce e noi con lei, come quando torni da uno stato di grazia e non sai davvero cosa dire. Una parola soltanto che è capace di fendere il resto, un suono che ripeschiamo dal tempo che avremmo voluto fermare per sempre.
Adesso un punto solo li divide, uno in paradiso e l’altro all’inferno, il ciclismo è così, non sai se lo fa apposta o perché ti ama e lo scoprirai poi. Un solo punto bastardo, la divisa strappata via, la pelle bruciata, la pioggia che cade ancora a grosse gocce come lacrime. Ripenso a tutte le volte in cui ho avuto paura ma ho continuato ad andare a centocinquanta. Perché? In fondo lo sanno, si corre per dare tutto, altrimenti è solo una cazzata.