Solo quelli che in una provincia ci sono nati sanno com’è, in provincia, la domenica mattina, tra le sciure che vanno a Messa e la luce troppo bianca per quelli che la sera prima si sono ubriacati da far schifo; i ragazzini che vanno in bici senza mani con la trap ad alto volume e i negozi chiusi sul corso principale, i bar sotto i portici dove fai la colazione tardi e la Gazzetta aperta dal fondo. Bastian contrario, come questo maledetto sport.

Io la odio la domenica, a parte quando c’è il ciclismo.
I legnanesi sono orgogliosi di Legnano come un italiano in America che cucina una pizza napoletana per gente che l’ha sempre mangiata con l’ananas, un legame che non credo si possa capire fino in fondo da fuori ma che probabilmente non ha tanto a che fare con la storia del paese in sé, piuttosto con la storia personale di ciascuno. Di quando prendi il motorino e sogni di spaccare il mondo, ti senti una merda e poi un eroe; ti senti tutto e poi nessuno. Vai a scrivere sui muri dei posti abbandonati, bestemmie o rivoluzioni. Poi il motorino si spacca e forse anche tu. Ma quella cosa un po’ hardcore ti rimane per sempre. La nostra personale battaglia per la libertà che chissà poi dove cazzo è finita.
La Valle Olona soffocata dal suo cielo bianco è l’evasione dall’adolescenza, la campagna appena dopo la città, la trattoria dove si fermano tutti ad aspettare il passaggio, le curve delle salite isolate tra i boschi, le cappelle ai crocicchi, le case umide e chiuse con le vecchie sedie ad aspettare nessuno, il Monastero e una luce piccola nel nero di una finestra. La brughiera.

Passa la fuga, passa il gruppo a una velocità supersonica, una striscia futuristica nel solenne bel mezzo del nulla. Nel bel mezzo della battaglia, per loro. Perché in fondo ogni corsa lo è, nel silenzio certamente, perché è così che si combattono le peggiori. Il fruscìo della ruota sull’asfalto, niente di più. E’ questo che ti insegna il ciclismo, a tenere per te il dolore, a uscire la domenica e sapere che non potrai dirlo a nessuno perché tutti se ne sbattono le palle di te. Bene o male, devi alzarti sui pedali fino a non vedere più gli incubi.

Viale Toselli è immenso quando sei a piedi, forse anche quando sei in bici e fai la volata, quando una battaglia finisce con un abbraccio: questa è una cosa involontariamente punk. Ecco la fratellanza come in un branco di cani randagi, sudati, svuotati. Le bottigliette che schizzano qua e là, rivoli d’acqua su un asfalto che non conosce mai la quiete. Dicono che sotto al castello ci siano cunicoli segreti, vie d’uscite fino a Milano, fino a Pavia, leggende della periferia per ragazzi che vogliono fuggire altrove.

coppa bernocchi

I pullman sfilano sull’altra corsia come in un plastico, c’è la festa del paese e sembra che stiano friggendo le frittelle con l’olio per il motore.
Se mi viene da piangere è colpa dell’aria, è colpa del sole.

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

Una risposta a "Nella battaglia"

  1. Bellissimo pezzo come anche “Non ho più voglia di vestirmi bene……”. È meraviglioso come scrivi di ciclismo. È meraviglioso leggerti. Tank Miriam.

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