La mia prima volta a Cesenatico, a cercare l’aura di uno spirito straordinario e il coraggio di alzarsi sui pedali anche in salita, quando la strada fa più male. Ecco gli appunti sparsi su come vivere un weekend nel cuore dell’Emilia-Romagna e sentirne tutti i sapori e le storie impastate insieme. Come i tortellini fatti con amore.
Ah, io e la mia forever amica di transenna Vale abbiamo percorso in tutto 330 chilometri.
PLAYLIST 🎧
♥ Gli anni – 883
♥ All the small things – Blink 182
♥ 21 guns – Green Day
MASSA CASTELLO
Venti minuti da Ravenna dicevano. Fatto sta che arriviamo a Massa Castello dopo aver vagato per le campagne interrotte di tanto in tanto dai casolari per circa mezz’ora. Queste terre non le conosco neanche un po’ e già mi piace tutto, mi piace questa sera spettrale di tuoni e di lampi che illuminano a tratti la vecchia chiesa di una frazione che sembra staccata da tutto il resto del mondo, l’aria di temporale che fa rotolare le foglie sulle strade deserte che attraversano i campi. Visto che la Vale ha già sopportato il fantomatico nodo di Bologna per arrivare qui, decidiamo di non fare altri chilometri e cenare in questa osteria – probabilmente l’unica in zona – che, vista da fuori, sembra un bar nell’ora di chiusura. In realtà è un posto semplice e accogliente e il cameriere pieno di anelli e orecchini d’oro è super simpatico, ci porta le bruschette – ok, io vivrei solo di quelle lo ammetto – e parliamo di blog. “Ah, il ciclismo è uno sport molto bello…Beh, ma potresti fare anche la fashion blogger” mi dice, e diciamo che lo considero un gran complimento visto che sono ancora vestita come stamattina alle sette, non ho toccato i capelli e ho fatto due ore e mezza in treno di cui l’ultima mezz’ora su un regionale di quelli messi male. In ogni caso, mentre tentiamo di finire una porzione enorme di strozzapreti ciascuna, fuori si scatena la fine del mondo, grandine compresa. Sento il cameriere che parla dei dolci con una coppia francese, il mascarpone fatto dalla sua mamma, il tortino al cuore caldo, tutte cose a cui dobbiamo rinunciare perché non ci aspettavamo così tanta abbondanza nei piatti. Però mi sembra di sentire davvero l’ospitalità romagnola, nei sapori e nei gesti, la familiarità che, quando sei in viaggio, è una cosa speciale.
Da Jack
Massa Castello, via Chiesa, 20
48100
Ravenna
Che alla fine è la stessa che troviamo al b&b, sperduto tra le campagne e con un giardino quasi incantato con i cavalli bianchi, tre cani e un’oca. Pato è il più casinista di tutti, viene da un canile ci dice il proprietario, è irruento ma molto più obbediente di altri che ho tenuto al guinzaglio. E poi c’è Brie, languido jack russel che la mattina ci guarda implorante in cerca di coccole o di cibo. La veranda dove facciamo colazione è affacciata sul giardino, dal soffitto pendono lampade e altre cosine shabby chic ma la cosa migliore in assoluto è che ci sono un sacco di dolci fatti in casa compresa la tenerina al cioccolato, la mia preferita. In fondo le corse del weekend sono fatte per questo: svegliarsi da un’altra parte, dimenticarsi persino il nome di battesimo e per fortuna anche il resto. E’ il potere dei posti fuori dal mondo, come ubriacarsi senza vomitare.
CESENATICO
Nonostante non abbia ottant’anni, mi piace il mare fuori stagione, è fatto per i momenti di esilio e chi scrive ne ha sempre bisogno, ha paura di mille altre cose ma non del silenzio. Specialmente quando il silenzio riporta a galla le storie, assieme alle alghe sulla battigia lasciate lì dal temporale, semitrasparenti come meduse. Gli stabilimenti sono deserti, le onde larghe, le cabine tutte chiuse e bianche nel sole illanguidito da settembre.
La Vale vuole assolutamente assaggiare una piadina per pranzo e, anche se io avrei bisogno di disintossicarmi da pizze, piadine e panini, troviamo un posticino in cui le fanno artigianali. La piadina è buona, anche se mi aspettavo qualcosa di meglio. E’ proprio Eleonora – che insieme a suo padre Davide sono veri indigeni di qui – a dirci che in realtà le migliori sono quelle dei chioschetti perché a volte hai la fortuna di trovare la nonna che te la stende a mano proprio come da antica tradizione. Ed è sempre lei a spiegarci che nella zona di Cesenatico e di Cesena è più spessa mentre a Riccione e Rimini la fanno più sottile e che c’è anche il Crescione – o Cassone nel riminese – ovvero una piada chiusa ripiena tradizionalmente di erbette o comunque di cosine calde e filanti.
Per la sera ci consigliano di mangiare in uno dei ristorantini affacciati sul Porto Canale di Cesenatico dove si trova il pesce fresco buonissimo ma c’è il solito problema: noi non lo mangiamo. E nelle zone di mare questo può essere molto grave. Camminiamo per ben due ore su e giù lungo il canale guardando tutti – ma proprio tutti – i menù senza successo. Fritto misto, guazzetto di pesce, alici impanate, tagliatelle al ragù bianco, gamberi in pastella. Niente di niente che non abbia nuotato in acqua nella sua povera vita. In ogni caso, dopo aver percorso duecentosettanta chilometri girando intorno, individuiamo l’unico ristorante che ha piatti alternativi e, naturalmente, è al di là del canale e noi siamo oramai in fondo dove non esistono ponti. Per fortuna c’è un genio che alla modestissima cifra di 40 centesimi ti porta dall’altra parte con una specie di piccolo traghetto, un Caronte abbrustolito dal sole che augura buona serata e butta gli spiccioli in tre casse scintillanti di monetine. Il canale si sta immergendo nella sera ed è bello vederlo così, ondeggiando su quella zattera rumorosa e traballante, mentre si accendono le lucine che si riflettono nell’acqua grigioverde come una piccola New Orleans.
Quando arriviamo al ristorante noto che la Vale è in uno stato di semi-incoscienza e decisamente noi – in jeans, felpa e zaino – non siamo nelle condizioni adatte per un posto che sembra super raffinato ma non abbiamo altra scelta. Ci sediamo fuori e l’atmosfera è bellissima. Dico al Maitre che abbiamo già deciso perché non mangiamo pesce e lui è così gentile da dire al cuoco di farci un’entrée adatta poi ci chiede da dove veniamo, della corsa, dice che è un appassionato di ciclismo ma il vincitore di oggi non l’ha mai sentito nominare ed è anche comprensibilissimo.
“Questo ragazzo ha vinto la corsa della vita, in pratica”, dice con un fare d’altri tempi.
Eh già.
Ci portano un piatto di ravioli con la crema al burro sopra che mi sembrano le campane del paradiso e siamo talmente coccolate che in me prende forma il gigantesco dubbio che ci toccherà lasciare un rene a testa per il coperto. Invece no. Il conto è perfetto e quasi economico. Emilia-Romagna, ho già detto che ti amo?
Il Bragozzo
Via Marino Moretti, 26
47042
Cesenatico
Fu Cesare Borgia, il Duca Valentino figlio di papa Alessandro VI, a scoprire la bellezza di Cesenatico facendola diventare un rifugio sicuro per i marinai dove trovare sempre buon cibo e ospitalità. Nei primi anni del ‘500 affidò a Leonardo da Vinci il progetto del Porto Canale che ancora oggi è il cuore pulsante della città e decisamente una delle cartoline più belle della Riviera Romagnola.
E’ suggestiva la sera qui, nell’aria umida con i vecchi agli angoli dei ponti a pescare e le luci dei ristoranti che si specchiano tremolanti nelle acque scure e cantano una ninnananna di fine estate. Chissà quali storie raccontavano i marinai ubriachi alle notti di settembre.
RAVENNA
Una mattina per vedere il meglio. A volte serve essere turiste last minute, sei costretta a scegliere le priorità e forse è un buon consiglio anche per la vita, per noi che diamo per scontato di avere ancora tempo all’infinito.
L’obiettivo principale – so che sembra strano nella città dei mosaici – è la biblioteca classense e, in particolare, una sala che sembra un mix tra Harry Potter e La Bella e la Bestia. Ma, dopo un lungo peregrinare per le stanze dove, di tanto in tanto, sbucano gatti da coccolare – c’è una colonia felina all’interno – capiamo da un’informatrice che la famigerata sala è chiusa nei weekend. Perciò resta solo un’ora e mezza per vedere i mosaici. Nel Battistero Neoniano tutti guardano in alto alle gambe di Cristo in trasparenza nell’acqua, una cosa straordinaria è vero, ma non so esattamente che effetto fa vederli dal vivo dopo tutte quelle volte in cui dovevo chiudere i libri e ricordarmi a memoria ogni singolo dettaglio e perché. Mi piace il fatto che questi posti sembrano conchiglie con la madreperla dentro, fuori mattoni e all’interno tutte le tesserine che brillano. Un po’ come le persone. A volte, ogni tanto, ma sempre più raramente.
FERRARA
L’osteria si affaccia direttamente sulla piazza, a due passi dal Castello Estense che si disegna imponente nel cielo blu delle due del pomeriggio, c’è la fila per sedersi ai tavoli e i camerieri girano come trottole ma è comprensibile: non solo è domenica ma questo posto ha la fama di cucinare deliziose specialità ferraresi. Fuori ci sono cori da stadio ovunque – sì, il Ferrara è in serie A e oggi gioca contro il Cagliari – ma la cameriera ci sorride e ci spiega che se vogliamo il pasticcio ferrarese possiamo anche dividerlo, visto che le porzioni sono abbondanti. E’ un piatto tipico della città e la sua ricetta è molto antica: sono maccheroni pasticciati e poi ricoperti da uno strato di pasta frolla proprio come una torta ripiena e la cosa che lo rende particolare è proprio il contrasto tra salato e dolce. A proposito, per restare in tema, anche la torta di tagliatelle servita calda è nata qui ed è un dolce di a base di mandorle con una sfoglia esterna a listarelle che ricorda appunto la pasta omonima.
Hostaria Savonarola
Piazza Savonarola, 18
44121
Ferrara
Ferrara è buonissima, in fondo non è giusto guardare le cose solo con gli occhi, bisogna anche annusarle, sentirne il sapore. In un secondo, anche solo con queste cose, puoi capirne il carattere.
Ferrara è la città degli Este e anche se Isabella – una delle figure femminili più affascinanti della storia – è più legata a Mantova, dove aveva rivoluzionato costumi, cultura e arte dopo aver sposato un Gonzaga, sento lo stesso la magica allure delle pagine di “Rinascimento privato” di Maria Bellonci. Il castello è un intreccio di sale dove degli arredi non è rimasto pressoché nulla a parte l’incanto dei soffitti ma la parte più spettacolare è la salita alla torre dei Leoni – la vecchia torre di guardia attorno alla quale è stato costruito il complesso – da dove si domina tutta Ferrara nel vento e nell’azzurro del pomeriggio.
Fa caldo come se fosse una giornata estiva ma non è vero, sento settembre nell’aria mentre aspetto il treno per tornare a casa, mentre sfila la campagna dai finestrini e mi infilo le cuffie nelle orecchie con il solito imbecille di fianco che mi tira gomitate giocando per due secondi al manager per poi arrendersi a guardare Dr. House su Netflix.
Svegliami quando tutto è finito. Per fortuna Milano è sempre capolinea. Piove su una sera scesa d’improvviso sui campi inghiottiti dal buio. Piove, bentornata, ciao.
SUL MEMORIAL PANTANI:
♥ Stairway to Heaven
♥ GUARDA LE FOTO