C’è quella linea a Roubaix che corre tutta intorno all’anello, come se fosse il confine di un pozzo oltre il quale c’è soltanto il vuoto. In realtà in mezzo c’è un prato che, a chi ha percorso così tanti chilometri, sembra talmente verde da essere in paradiso.
C’è quella linea a Roubaix che sembra un nastro infinito, l’ultimo limite prima del nulla, della felicità o della tristezza.
Op de rand.
Significa sul bordo in fiammingo. Che, in fin dei conti, è la lingua di qua. Anche se tutto il mondo si raduna attorno a queste strade, il Belgio è prepotente nella sua profonda territorialità. Sì, che forse i francesi un po’ si offenderanno perché se il Fiandre è patrimonio nazionale, la Paris-Roubaix è costretta fra due anime che se la contendono. Ma il Nord ha quell’odore lì, di sottobosco e di terra polverosa al sole insieme, di silenzio e uccellini lontani nel pomeriggio. Il Nord è Arenberg e gli alberi che si piegano sul pavè come un arco, una navata di una chiesa lunga chilometri. La vera croce è sopportare gli scossoni tra pietra e pietra. Andare veloci per non sentirli troppo, per abbreviare il dolore.

roubaix 1 Il Nord è una freccia crudele, un amore che un giorno ti abbraccia e l’altro ti tradisce. Sei tu che torni a lui, a chiedere scusa anche se non hai sbagliato. Come facciamo con chi non vogliamo perdere. E’ tornato Tom, il suo Tommeke, il ragazzo che quei ventisette settori li conosce come gli occhi di una madre. Una delle prime cose che ha visto nella sua esistenza da ciclista. Tornado Tom che sapeva di non essere più quello delle Roubaix passate. Niente voli sul pavè, questa volta. Ogni stagione ha le sue mancanze, questa per lui ne ha avute molte e tutte tremendamente rimproverate. Perché quando sei stato un invincibile e torni all’umanità niente ti sarà perdonato. E’ la legge della folla. Eppure Tom che conosce quella corsa a memoria, che conosce ogni angolo nascosto di dolcezza, ogni ruvida pietra, ha deciso che avrebbe corso sul bordo della leggenda, cercando di non guardare il baratro di quei chilometri fino al velodromo. Un baratro in cui era fin troppo facile cadere. Per mille motivi e per le gambe che non giravano come una volta. Come quelle volte in cui era il re indiscusso e quando si prendeva un metro, si prendeva la corsa. In un battito di ciglia, prima che gli altri potessero realizzare che se ne fosse andato.
Ma Tommeke sa che tutti i campioni hanno il potere di ribaltare le carte in tavola, in un modo o nell’altro. Con lui, su quel bordo precario, c’è Sep Vanmarcke. Belga come lui. Così vicini, così diversi. Quattro Roubaix uno, zero l’altro. Lo stesso tenace e costante sogno. Quella corsa. Anche dopo averla vinta. Anche dopo essersi piazzato più e più volte.

roubaix 2Sep che parte sul Carrefour de l’Arbre, ultimo tratto veramente benedetto, veramente maledetto. Cambia i destini, nel bene o nel male. Sep che finalmente sembra restare in equilibrio su quel bordo e non guardare giù al baratro ma a quel traguardo sognato da troppo tempo. O adesso o mai più. Forse non c’era mai stato davvero così vicino, forse non pensava di poter volare così su quelle pietre che erano rimaste tristemente mute alle sue dichiarazioni d’amore ripetute fino allo sfinimento.
Sep che resta in equilibrio, anche quando lo riprendono. Cinque. Cinque corridori per un solo arrivo. Il più incredibile arrivo del mondo, il più fragoroso, il più iconico. Cinque come quel numero che Tommeke sogna di mettere sul suo palmares. Per essere leggenda. Per superare le leggende. Per fare incazzare De Valeminck che non lo ha mai riconosciuto davvero come degno avversario, senza un perché. Cinque, un numero dispari eppure perfetto per coronare tutto, per fregare la sfortuna, per tornare a essere lui. Tornado Tom. Cinque, per essere il re.

E’ un bordo, un bordo infinito e precario, quella striscia di pavè. L’ultima. Il salotto buono di questa festa semplice e ruvida. Una corsa forsennata per arrivare lì, a quel giro di anello. Una corsa perfetta. Prima Tom e Matthew Hayman e sembra cosa fatta.
Non c’è stato nemmeno il tempo di guardare giù, a quel baratro. Non c’è stato il tempo di accorgersi che quell’ultima occasione se ne andava in un soffio. Mezza bicicletta. Nessun cinque, nessuna leggenda.

roubaix 4Eppure Tommeke sorride sul podio. Sorride dopo una giornata che doveva essere storica. Forse non lo sa fino in fondo che lo è stata veramente. Perché le vittorie, da sole, non sono niente. Oggi Tom ha convinto tutti, se mai ce ne fosse bisogno. Oggi l’hanno amato tutti. Non importa tanto se hai fatto qualcosa ma come hai cercato di farla. Quel viaggio sul bordo della leggenda è stato esso stesso leggenda.
Quel viaggio è stato un po’ come quello di Gilles Villeneuve su quel circuito olandese nel 1979. Tre ruote e un braccio alzato. La gente ti ama perché sei te stesso, non c’è niente da fare. Perché provi ad essere un eroe. Non fa niente se non ce la fai. Il percorso conta più dell’arrivo, a volte.
Qualcuno dice che oggi ha vinto Tom. Non è così, le classifiche parlano chiaro. Ha vinto Hayman. La realtà non si può cambiare, nemmeno per eccesso di romanticismo. Ciò che va oltre la realtà è quel velodromo sorpreso, un po’ triste e profondamente commosso.
Tommeke.
Ragazzo del Nord tornato per vincere e sfidare il destino.
Non ti serve quel cinque, Tornado Tom. Ti sei preso il cuore di tutti pedalando sul baratro, tra il vuoto e il paradiso.
Sei già leggenda, lo sei più di prima.
ROUBAIX 3

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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