C’erano dei giorni in cui mio nonno mi diceva di andare con lui al bar all’angolo ed io ero felice perchè mi lasciava bere il crodino. Non mi ricordo esattamente quanti anni avessi ma so che arrivavo a metà bancone. Il numero di volte che ho pensato a questo momento perso nel tempo è come un assegno a sei zeri. A volte le piccole cose hanno un significato immenso e i luoghi dove le abbiamo vissute ce le restituiscono a tratti, come una rassicurante ninnananna. Stamattina sarebbe stato più bello, se fosse stato qui, con il Giro a casa. 

La gente è accalcata attorno alle transenne dei bus anche se – per l’ennesima giornata – comincia a piovere. Visti da fuori sembrano messi una fila sopra l’altra, persone su persone che, dopo essersi lamentate per mesi, alla fine son venute qui. Perchè i Brianzoli son così, gli piace lamentarsi, gli piace incazzarsi: con il traffico, con il meteo, coi colleghi, con il mondo. Ma la passionalità li guida altrove, quando la rabbia è giustificata si trasforma in rivoluzione. Chiusa parentesi. 

Ma al di là di questo, oggi il Giro guarda i suoi fans con imbarazzo e gratitudine. Sullo strappo che porta a Città Alta la gente è un fiume in piena. Un mio amico che aveva preso ferie per la tappa dimezzata di Crans-Montana è qui, imperterrito nell’amore trascendentale che guida i pazzi gitani in questa ossessione per il ciclismo, una cosa che non dà pace, un masochismo senza fine. Loro lo sanno che le montagne dei prossimi giorni saranno pressoché impraticabili, perchè ci sono mille motivi che la ragione conosce e il cuore no, che le Tre Cime sono chiuse da oggi e, se vorranno essere su, dovranno farsi il segno della croce, salire a piedi per dieci chilometri – o più – come al Tour, maledire il freddo forse. Sanno tutto ma non gliene frega niente. Loro sono qui o saranno là nello stesso identico modo, fedeli come i cani che tornano sulla tomba del padrone ogni giorno, per anni, sperando di riavere una di quelle carezze che avevano al mattino appena svegli. L’eternità non darà loro pace mai, ma nell’attesa saranno felici. 

Le mura tornano quasi silenziose nella luce del tardo pomeriggio che bacia una città che non ho mai capito – ma forse oggi un po’ sì. 
È più facile spezzare un atomo che allontanarci da quello che amiamo.  

Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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