Scende la sera nella conca della valle, c’è odore di rosmarino selvatico, il sole scompare in un attimo dietro al versante della montagna che si fa scuro, i ruscelli continuano a scorrere come vene d’argento nell’ultima luce del tramonto. Dicono che apriranno la strada alle ventidue, forse. Ogni tanto le grida piccole e acute delle marmotte tagliano il silenzio, tagliano l’aria gelida che sferza il deserto del passo, forse ha inciso una di quelle punte lassù che ha ancora la neve, l’ha incisa come un diamante per millenni. C’è una falce di luna bianca, una virgola, come le virgole di neve che sono rimaste dalla stagione passata. O da sempre.
Quindici metri ne sono scesi qui, lo scorso inverno.
Mi fanno male le gambe e ho la faccia cotta dal sole, di quando vai in montagna ma non ti porti la crema perché non sei intelligente. Un tipo con il pile scende dalla macchina, il fumo della sigaretta si scioglie nel buio oramai, piccole luci si accendono come lanterne. Isolamento obbligato.
Si fa buio, fuori dal mondo.
Penso alle pale dell’elicottero che annunciano l’arrivo, d’improvviso come mi capita di pensare alle cose senza senso oppure con un senso. La salita è una cosa seria, è come se la gente lo capisse, è come se sentisse che un viaggio così è troppo complicato da fare da soli. A un tornante smadonni, all’altro preghi, non c’è niente che mischia le religioni, le credenze, gli spiriti, le follie così. Loro lo sanno, è così che se ne fregano dell’insolazione, infilano french fries negli stecchini, le cospargono di ketchup, bevono la birra come con un calumet della pace, gridano a tutti, uno alla volta, dal primo all’ultimo, manco si sa chi ha vinto, i metri sgretolano tutto tranne la follia che ti fa tornare indietro cantando, sette chilometri ancora per riprendersi la macchina, aspettare le ore con i bambini in macchina crollati sui sedili come nel letto di casa e i militari che portano l’acqua come in guerra.
Guardo la fila di luci che scende come una fiaccolata sul fianco della montagna. La luna va e viene dietro le nuvole, una sola stella stasera e i lampi verso l’Alpe nascosta da tutto. Qualcuno fuori dai camper aspetta la notte avvolti nelle coperte con le candele accese che tremano nel buio, qualcuno direbbe che è la notte di Natale e invece è luglio. Come fanno a trovarti i cani sotto quindici metri di neve? Manco ti sentono, manco puoi urlare, non puoi. Un po’ come quando senti che ti manca il fiato perché sei stanco e hai bisogno di fermarti e non puoi. Un po’ come quando urli nei sogni e non esce niente, niente di niente.
Chiudo gli occhi e penso a quella fila di luci, quello in macchina parcheggiato di fianco a me che ride come un pazzo prima di scendere alle dieci di sera da un maledetto passo di montagna dopo la tappa del Tour, la gente che inconsapevolmente rende la vigilia sacra come in chiesa. Nessuno ti viene a salvare sotto quindici metri di neve. Chiudo gli occhi, c’è il temporale.