Mi chiedono quando e perché mi sia appassionata al ciclismo ma io non lo so davvero. Questo sport è come l’amore, non è che lo puoi spiegare in due parole, quelle canoniche due parole che ti obbligano a dire per rispondere a una domanda. Tutto è cominciato per caso, io neanche lo volevo fare. Ho scritto il mio primo post il 14 febbraio 2012 e fino a quel giorno avevo visto sì e no quattro corse dal vivo nella mia vita. Sono stata una di quelle bambine vestite con la maglia rosa fino alle ginocchia sul balcone dei nonni a salutare il passaggio, quello sì. Una volta, me lo ricordo a malapena. Gridavamo viva Pantani io e mio fratello, lui con la bandana, piccolo e tondo: tre anni aveva. Tutto qui, niente di trascendentale tra me e il ciclismo. Nessuna storia epica.
Fino a quel giorno.
Ho scoperto dopo cosa vuol dire inseguire il gruppo di partenza in arrivo. Che stare lì in mezzo era come stare in un cuore pulsante, che bisognava sempre trovare un modo nuovo per grattar via tutta quell’adrenalina e trasformarla in qualcosa che restasse. Parole. Il mio metodo preferito per tenere tutto con me, come fanno i collezionisti ossessivi.
Sono diventata affamata di chilometri, non ho più smesso. Non era più un blog di ciclismo, era un viaggio. Era il viaggio. Ero io che mi mescolavo al resto, la mia vita e tutti i suoi casini dentro l’abbraccio frettoloso e intenso di questo sport.
In cinque anni non ho fatto tutto quello che volevo, è vero. Non ho raggiunto gli obiettivi o i numeri che mi ero prefissata. Eppure ho fatto cose, incontrato persone e visto posti che non mi sarei mai aspettata. In fondo è sempre la strada che ti scombina i piani, che decide. Tu hai solo il compito di tenere la bussola sul tuo Nord e di non accontentarti mai degli orizzonti prefissati.

20.000 km20.000 km viaggio nel cuore del ciclismo

Cos’è? E perchè una raccolta?
Dicono che i primi cinque anni nella vita di un bambino siano quelli più importanti, che le cose che imparerà in quel periodo influenzeranno tutta la sua vita, in positivo o negativo che sia.
In 20.000 km ho radunato le pagine più lette e più intense di questo diario, principalmente per regalare qualcosa di celebrativo a tutti quelli che sono stati con me di stagione in stagione. E per dimostrare che il ciclismo può uscire dalla sua nicchia e prendersi il cuore di tutti, anche di chi non ha mai seguito una corsa in vita sua.
Chilometro più, chilometro meno, ventimila è approssimativamente il numero di quelli percorsi fino ad ora. Duecento sono le pagine di articoli che ci troverete dentro più un inedito speciale da scoprire e una postfazione con tutti i perchè.

Perché ho chiesto a Riccardo Magrini e Salvo Aiello di scrivere la prefazione?
Quello che mi piace di loro è la ricerca del linguaggio, nuovi modi di fare diretta che, con gli anni, hanno dato grandi frutti. E’ questo quello che serve al ciclismo: innovazione, modi diversi di raccontarlo. Più informali, più coinvolgenti, più veri. Ecco, volevo una prefazione totalmente distaccata da quelle canoniche, che rispecchiasse il loro modo di dialogare, quello che alla gente piace infinitamente, capace di rendere sei ore di corsa in TV belle da vivere, da ascoltare.
Mi hanno sempre detto che preferiscono dare spazio e seguire il percorso di qualcuno che sta crescendo piuttosto che parlare di chi è già arrivato.
In fondo, per certe scelte, è sempre una questione di stima e nessuno era più adatto di loro.

 

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Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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