E’ come quando una fotografia scivola via da un album di famiglia, rimane per un po’ di tempo, forse anni, nel fondo di un cassetto e poi qualcuno, per un motivo o per l’altro, la recupera e la rimette al suo posto, tra le altre. E’ vero, l’ultima foto della Milano – Torino non è così datata, è stata disputata in anni recenti per cui non si può dire che ritorni da un passato remoto. Ma, chissà perché, questa corsa sembra avere un sapore di cose antiche. Forse per quella sua prima edizione, nel lontano 1876, dove il Magretti (si dice così a Milano), assieme ad altri sette ragazzi partì alla volta di Torino, inforcando il suo velocipede e mise il suo nome anonimo di laureando in ingegneria, per primo, sull’albo d’oro.
Forse per quel suo nome, Milano – Torino che evoca il periodo del triangolo industriale, dell’epoca in cui le fabbriche non erano le grigie conseguenze della religione del dio soldo ma un motivo di sviluppo anche sociale. Viene dalla storia lontana, questo binomio, che non c’entra niente con la MiTo della nota Casa Automobilistica ma è legato, forse, a un tempo in cui gli operai erano orgogliosi di contribuire alla costruzione del progresso, che si presentavano in fabbrica con la loro tuta linda, ordinata, custodita con cura maniacale.
E’ un racconto? Un romanzo? Forse. Ma di che cosa abbiamo bisogno noi, oggi, se non dirci che sì, ogni tanto, tra le brutte storie se ne può raccontare anche una bella? E allora voglio lasciare che la Milano – Torino, abbandonata da cinque anni, mi porti i velocipedi che vanno verso Torino placida, silenziosa e i ragazzotti scanzonati che intonano “O mia bela Madunina” tra una pedalata e l’altra. Voglio lasciare che questa gara riprenda la magia interrotta, anche per poco tempo, e ritorni a suonare la stessa melodia. E’ cambiata, quella melodia, perché le biciclette di adesso non fanno più il rumore di allora: fendono l’aria e i chilometri se li portano via in un soffio, si prendono i loro corridori accovacciati cercando di essere meno impacciate possibili. Milano e Torino non sono più quelle di ieri, anche se, dovunque, si possono trovare le vestigia dei loro splendori. Ma il ciclismo ha il grande potere di mantenere nel tempo quell’anima tutta sua che, purtroppo, molti sport hanno perso. Quella freschezza di ragazzi in bicicletta, quella poesia dell’uomo solo, su due ruote.
Bentornata Milano – Torino: hai molti anni, è vero. Ma non ti preoccupare, sulle tue strade si potrà ancora sognare. E, chi sogna, non ha età.
MIRIAM SEI BRAVA DAVVERO