E’ finito. Gilbert non è più quello di prima. È un anno nero. Non è la sua stagione. Non è più lui.”  Così, come di balcone in balcone di un grande condominio, erano rimbalzate le voci su Philippe Gilbert. Campionissimo stella delle Classiche, il nominato per eccellenza nei pronostici, le aveva perse quasi tutte, le sue stellette. Ad una ad una erano scivolate giù, un poco spazzate via dalla superiorità del suo connazionale Boonen, un po’ per colpa di quei momenti, nella vita umana, che arrivano un giorno e sembrano non volersene andare mai.  Una volta in coda al gruppo, una volta staccato: e basta questo, al pubblico che grida “osanna”, per listare a lutto un anno che, forse, prometteva successi e non li ha mantenuti.  Basta questo, al mondo, per dimenticare.  Per non guardare più al Gilbert che alzava le braccia, per rivolgersi un poco più in là, dove qualcuno vinceva al posto suo. Gli idoli sono così: in bilico tra le mani della gente che li adora e, quando quelle mani mancano, quando l’onda porta verso altri lidi, il luccichio si spegne, l’asfalto fugge via, le grida si fanno più lontane.  Ma questi, questi idoli che stanno ore sulla sella della propria bicicletta, che consumano le ruote a furia di mangiarsi chilometri, sono speciali.  Sono uomini speciali.  Oggi  Philippe Gilbert, dopo più di duecento chilometri in bicicletta, davanti alle bandiere che portavano i colori del suo paese, su quella salita ripetuta fino allo sfinimento, ha lasciato i  suoi avversari lì, su quell’asfalto che si era visto sfuggire troppe volte.  Oggi non ha dovuto guardare la schiena di nessuno Philippe, è volato via da solo, verso il traguardo, si è ricucito addosso le sue stellette, la scritta di campione.  Si è preso a braccia alzate il luccichio di quella maglia che dice “il migliore del Mondo”.  Li ha staccati tutti e quel pugno chiuso, sul rettilineo d’arrivo, forse significava che sì, finalmente si poteva riprendere la luce, dopo il buio.

L’inquadratura stretta che mostra il volto commosso di Philippe, gli occhi lucidi, il sorriso un poco timido, un poco incredulo; la maglia iridata che, lo immagino, profuma di nuovo, di riscatto, ha spazzato via tutto.

Uno scatto e via.  Mi piace pensare che sia così anche nella vita, che, dopo giorni di buio, il riscatto sia dietro l’angolo, che basti un guizzo, uno spunto, un poco di coraggio in più.  Mi piace pensare che spesso, il sorriso perso sia lì. Alla distanza di uno scatto.

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

2 risposte a "La distanza di uno scatto."

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    Do you’ve any? Please let me realize so that I may subscribe. Thanks.

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