Ieri, al Tour di California, lo slovacco dagli occhi grigi e un po’ sornioni ha messo, per la seconda volta, la sua firma sulla tappa, sfidando gli inconvenienti e le piccole sfortune.
Non è stato molto facile, all’inizio, visto che già sul percorso del primo giorno aveva forato proprio sul più bello, a otto chilometri dal traguardo. Non deve essere molto alto il morale in quei momenti, mentre aspetti la ruota di ricambio e vedi scivolare via il gruppo, senti le ruote che scappano sull’asfalto e il lavoro fatto per chilometri che sfuma. Ma Peter Sagan è un duro, un “torello”, sa fare strabilianti volate di potenza e, assieme ai suoi angeli custodi verdi e blu, recupera le prime posizioni. I giochi non sono ancora chiusi: lo slovacco è ancora lì, pronto per lo sprint. Il gruppo si fraziona, c’è confusione. Su tutti emerge un brillantissimo Daniel Oss che prende le briglie della bicicletta di Peter e lo porta al traguardo. Sulla linea bianca di Santa Rosa il ventiduenne della Liquigas – Cannondale taglia il traguardo e porta due dita prima ai suoi occhi e poi al pubblico, come per dire “Vi tengo d’occhio”.
E a Peter non sfugge nulla, questo Tour ce l’ha veramente sott’occhio perché ieri sul traguardo di Santa Cruz è stato, di nuovo, il più forte. Non si è fatto, comunque, mancare nulla visto che è rimasto coinvolto in una caduta di gruppo e ha dovuto cambiare una ruota, prima di impostare l’ultima curva e volare verso il traguardo. Quella curva, proprio come le alte onde della California, per i surfisti meno esperti, era particolarmente insidiosa. Ma Peter ha studiato bene il percorso e sa “surfare” sulla bici come pochi: cavalca l’asfalto ed è il primo ad emergere sul rettilineo d’arrivo. Non ce ne è per nessuno. Lo slovacco si volta appena per controllare ma gli avversari non potranno mai rimontare su quello stacco e la vittoria è sua. Alza le braccia e sorride appena. Non urla mai, Peter, quando taglia il traguardo. Sorride, proprio come quando dice, ai giornalisti e alla telecamera, con la sua aria un po’ svagata : “Mi sento bene”. In italiano, sì. Perché Peter è slovacco ma parla la nostra lingua e, forse, proprio come è successo con Taylor Phinney, ce lo sentiamo un poco nostro. Sentiamo che, sulle larghe strade californiane, tra le montagne dei telefilm americani, un po’, anche solo un po’, di Italia l’ha portata.