Un uomo, la bicicletta e il tempo. C’erano una volta anni in cui il record dell’ora aveva un fascino leggendario. Affrontare i minuti sopra una bicicletta, nessun avversario se non il vento, racchiudere in sessanta minuti la battaglia contro lo scorrere dei numeri sul cronometro. C’era una volta l’anno millenovecentosettantadue, quando Eddy Merckx, l’imbattibile, il “Cannibale” decise di assaggiare il record e di vedere se, veramente, era così appetitoso combattere contro sé stesso.

Molte grandi vittorie camminano grazie alla rabbia e alla cocente delusione delle sconfitte. Eddy Merckx, nel 1972, vince il Tour de France ma uscire perdente, sul Puy de Dome gli brucia perché è orgoglioso. Tanto quanto è campione. Allora ecco che, nella mente ambiziosa del belga, si profila il progetto del record dell’ora. Già Ernesto Colnago gliel’aveva proposto: a tutti sembrava strano che un Merckx non avesse mai provato a mettere il suo nome anche su quell’albo d’oro. La decisione definitiva arriva una sera, dopo il Mondiale di Gap, vinto da Marino Basso. Eddy dice a Giorgio Albani: “Voglio tentare il record dell’ora.

Inizia così una meticolosa preparazione. Il medico sportivo che assiste Merckx tutti i giorni, sottoponendolo a degli allenamenti per testare la sua resistenza al clima rarefatto di Città del Messico, è strabiliato dalle reazioni del belga. Ha facoltà di recupero eccezionali e l’aereo che parte per l’America è colmo di belle speranze e di buone previsioni. Ma il cielo, oltreoceano, è colmo di nubi, piove, e c’è uno smog denso che provoca difficoltà di respirazione. Allora Eddy freme, non vuole stare tanto tempo lassù, dove l’aria è rarefatta e colma di inquinamento.

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La mattina del gran giorno fa colazione con burro, marmellata, prosciutto cotto e caffè allungato e poi, sorridente, di buon umore, inforca la bicicletta speciale, preparata da Ernesto Colnago. Una due ruote che sembra uscita dai film western perché è tutta bucherellata, come se fosse stata crivellata dai proiettili. Quei fori l’hanno resa così leggera che passa a pieni voti la “prova bilancia” con il risultato di 5 chili e 70 grammi. Tutto, in quella bicicletta, è stato curato per l’occasione e per il campione che si siederà sulla sua sella: serie sterzo Colnago che pesava solo 122 grammi, catene Regina Extra di cento maglie tutte forate per guadagnare 95 grammi e manubrio con 48 fori.

Eddy Merckx parte come un siluro, polverizza subito il record dei venti chilometri. Un uomo, la bicicletta e il tempo. Il belga è solo, anche se, attorno, gli spettatori seguono, con il fiato sospeso, la sua gara solitaria. Eddy, al trentaseiesimo chilometro, viene avvertito che la sua media è scesa, ma non si scompone: costretto dallo sforzo a portarsi sulla punta della sella, si preoccupa in tutta fretta di scivolare indietro, come succede anche a molti dei nostri moderni cronomen. Sulle tribune c’è anche il sovrano Leopoldo del Belgio ma, lì, a Città del Messico, viene incoronato un solo re. Eddy Merkx ha percorso, nell’ora, 49,408,68 e il precedente record del danese Ritter è battuto di 755 metri.

Oggi il record dell’ora non ha più la mediaticità di quegli anni. E forse è vero quello che dice Beppe Conti a riguardo: le biciclette di adesso sono così tecnologiche che, forse, in un manifestazione del genere, la poesia dell’uomo e di due semplici ruote svanisce. Certo, la leggerissima bicicletta Colnago, bucherellata eppure così tosta da reggere la potenza di Eddy Merckx, la leggenda di un corridore che volle “mangiarsi” anche l’ora, che filò, da solo, su una pista, tra l’aria rarefatta, hanno il colore delle fiabe. E le fiabe, anche se le ascoltiamo da piccoli, restano sempre in un angolino di noi.

Posted by:Miriam

Nata in Brianza, nella calda notte del 30 luglio 1991. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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