Nelle finestre della reggia si specchia l’azzurro di una giornata che neanche si ricorda di tutta l’acqua venuta giù per giorni, restano certe pozzanghere, che ricordano i buchi neri della nostra esistenza, specchi che adesso riflettono il sole. 
Un bambino con la maglia granata ha scritto Mazzola sulle spalle. L’eroe del Grande Torino segnò novantasette gol in centosettanta partite, una vita da attaccante, la gente sa che è questa la magia, quella che può durare in eterno. A volte è difficile pensare che il destino sappia esattamente cosa fare, specialmente quando guardi Superga in giornate come questa e non credi possibile che la città che ti ha abbracciato ad ogni tuo ritorno, ti abbia piantato un coltello diritto nella schiena. 

L’amore è crudo, adesso è malinconico mentre guardo il cervo che veglia i corridori in cerchio sulla piazza reale, la musica della banda sale piano verso i suoi occhi vitrei e vede tutte le cose in sospeso, gli spiriti uniti che adesso vorrebbero solo stare nella sala delle danze senza nessuno, a ballare stretti come in un sogno, a dirsi tutto oppure niente. 

Torino è una cartolina vista al di là dal fiume, con la mole tra i palazzi antichi che svetta nel cielo senza colore. Poco lontano da qui, sul Colle della Maddalena, i corridori segnano la prima stazione di questa via crucis, chiedono perdono in ginocchio, pur di restare attaccati alla ruota, pregano tra le imprecazioni, esattamente come facciamo noi, che abbiamo desiderato fino a farci seccare le lacrime – quasi – per sempre. Una volta, due volte. Chiudi gli occhi, ancora c’è il mio cuore che si capovolge anche se  Kerouac direbbe: è tutto nella tua testa. 

Pochi metri all’ultimo scollinamento, Tadej attacca come uno sconsiderato, cose che al ciclismo fanno incazzare, infatti finisce che la prima maglia rosa se la prende un altro. Felice sì, emozionato di sicuro. Ma io continuo a pensare che abbia bisogno di qualcuno che la guardi come qualcosa che ha desiderato come un folle, che pianga anche, ma che faccia vedere quanto l’abbia tremendamente sognata anche quando era così lontana da non poterla immaginare.
Sarò pazza io, va bene così.

Dall’altra parte del ponte la gente guarda il Giro da lontano, costretti fuori come siamo sempre stati noi. Ora sì però che vorrei chiudere a chiave e recuperare il tempo che abbiamo perduto, dire ad alta voce le cose che la strada ha sussurrato per anni, sentire davvero che niente è finito ma che – anche se ancora non possiamo vederlo – il meglio sta per cominciare.
Adesso.

Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

Una risposta a "#GiornidiGiro | Venaria Reale"

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