Le pareti di roccia immense si ergono nel cielo striato di blu. Sento una voragine di nostalgia guardando quelle mute barriere coralline che un tempo erano sommerse dagli oceani e noi siamo quaggiù: negli abissi ci abbiamo costruito le case, le strade, guidiamo sui fondali come pesci che non hanno mai visto la luce. E quando le Dolomiti si dipingono di rosa al tramonto, tornano ad essere quello che erano duecento milioni di anni fa. Le conchiglie, i coralli e le alghe riprendono vita come se un miracolo li avesse toccati. Solo per quel tempo tra il giorno e la notte, come una leggenda, come una maledizione – o una benedizione. 

Su una delle prime curve c’è un cartello con scritto: “Ad ogni pedalata penso al Pirata”. Se c’è un patto tra il ciclismo e la montagna, è lui uno degli uomini che l’ha siglato. Alla gente serve un eroe, qualcuno in cui credere quando tutto è perduto, che attacca anche quando ha più di due minuti, che non ha paura di una giornata dura, che non calcola, che agisce. 

Il tempo cambia. Una nuvola grigia segue il Giro praticamente da subito, comincia a piovere, la gente non si muove dalla curva. Aspettano imperterriti tutto quello che la tappa regina promette loro da anni: spettacolo, adrenalina, pathos, ribaltamenti e tutte quelle cose che ti fanno alzare presto la mattina, ancora prima dell’alba. Quando arriva la corsa, la montagna torna a vivere, questo fondale oscuro vegliato dalle nevi perenni viene di nuovo invaso dagli oceani. Passano tra due ali di folla come Mosè tra le acque, da sopra, dalle creste rocciose, è come uno stadio umano senza respiro.

Tutti si aspettano il ribaltamento di classifica ma nemmeno qui Roglic riesce a fare la differenza con un Thomas che è di nuovo a tutta, in una giornata di lavoro come le altre, con nessun’altra prospettiva se non portare a termine il compito iniziale.
Per fortuna le Tre Cime premiano Santiago Buitrago che qui aveva sognato per la prima volta il Giro, dieci anni fa, guardando le cime innevate di una tappa epica. Il ciclismo non è sempre bastardo, a volte concede delle tregue perché in fondo sa quanto abbiamo bisogno delle storie a lieto fine. 

Mentre la carovana scende dalle curve che tornano mute, le ultime luci rendono drammatico il cielo sulle vette e spunta un arcobaleno. C’è solo il tempo per un istante di meraviglia e poi più niente. La valle diventa presto scura, le nuvole basse avvolgono i pini e comincia a piovere, arriva il temporale. 
L’estasi dura un’istante o per sempre.

Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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