Il Mondiale a Innsbruck per riscattare un altro Mondiale – quello di Firenze – disastroso. Quattro intensi giorni attraverso una città di montagna che si divide a metà tra un libro di fiabe e un romanzo di Thomas Mann.
In totale abbiamo percorso circa quarantacinque chilometri a piedi e qui ci sono le solite esperienze per vivere questo angolo di Tirolo che durante le feste ha sicuramente il potere di trasformarsi in un villaggio incantato.
GIOVEDI’
Quando sei ben intenzionata a rispettare la genuinità di un viaggio, la cosa più dissacrante che si può fare è entrare in un Mc Donald’s a mangiare. Ed è esattamente quello che facciamo io ed Emanuela appena scese dal treno ma la scusante è che sono le tre del pomeriggio, non tocchiamo cibo da stamattina, sta per passare la corsa degli Junior in città e non possiamo perdere tempo su TripAdvisor. Mentre ordino – non fanno il Mc Toast, bene ma non benissimo – sbaglio la lingua e mi scappa un cazzo, dai: un tipo mi passa di fianco con il vassoio e dice: “Che bello sentir parlare italiano”
Benvenuti in Austria.
Le patatine le mangio fredde – sanno di plastica – mentre aspettiamo il passaggio in piedi, appoggiate a una transenna, con la vista magica dell’Arco di Trionfo di Innsbruck nella luce del primo pomeriggio. Capisco che questa è una di quelle città di cui – sbam – ti innamori subito. Piccola, raccolta, ai piedi delle montagne eppure cosmopolita, quel mix di nostalgica tradizione e fighissima modernità che trovo sempre molto intelligente e di stile.
Finalmente Iraia riesce ad arrivare dopo un avventuroso viaggio con BlaBla car e noi, dopo aver visto sfrecciare il nuovo semi-dio Remco Evenepoel verso la vittoria, possiamo finalmente lasciare le valigie di dieci chili in appartamento – certo, erano ancora con noi – e risistemarci la faccia prima di vedere davvero la città. Dal fiume Inn sale l’umido della sera e abbiamo fame ma la cosa un po’ problematica è decifrare i menu esposti fuori dai ristoranti: alla fine riusciamo a trovare un posto nella stradina davanti all’Hofburg dove gli austriaci mangiano salsicce e bevono birra seduti ai tavolini esterni in maniche di camicia. Ah, i nordici. Vorrei avere la loro tempra.
Stiftskeller
Stiftgasse, 1-7
6020
Innsbruck
Per fortuna dentro si sta decisamente meglio: nonostante le corna di cervo attorno ai lampadari e vari trofei di caccia alle pareti che mi inquietano un attimo, tutto è davvero molto tipico e accogliente, oltre che ad essere un vero labirinto di mega stanze con le pareti affrescate e mega tavoli in legno scuro. Mentre guardiamo il menu, un quadro – a grandezza naturale – di un personaggio che sicuramente ho già visto ci fissa placidamente. Secondo l’Emanuela è Martin Lutero, secondo me non gli assomiglia per niente, forse è un imperatore ma non certamente Franz Joseph.
Naturalmente, in un paese dove la birra costa meno dell’acqua, il cameriere ci porta subito una media per cominciare. Di certo tutta un’altra storia rispetto alla corposità delle birre belghe alle quali siamo abituate ma forse non era il caso di lasciare che Iraia offendesse il ragazzo dicendogli che non sa di niente. Lui sorride e scherza ma sono sicura che progetta un massacro. Non si insulta una nazione fondata sulla birra, denigrando la birra.
Io ordino gli gnocchetti con il formaggio dei quali mi piace tutto meno che la cipolla fritta sopra ma capiremo poi che è un ingrediente della cucina austriaca del quale difficilmente si può fare a meno. Le mie amiche si cimentano con un classicone come i canederli – 4 kg cadauno – e una specie di stufato con i crauti. E’ tutto buonissimo: un’altra cosa che capiremo poi è che questo è uno dei ristoranti tirolesi più apprezzati della città. Fuori non fa troppo freddo, Innsbruck è bella con il Tetto d’Oro illuminato nel buio, le vie strette del centro, le insegne in ferro battuto e le lanterne sotto ai portici dove i negozi sono già chiusi. Sono le nove e mezza ma c’è tutto il viaggio a farci da ninnananna. Su un muro sotto al nostro appartamento c’è scritto ’91. Buonanotte, questa città pensa già a noi.
VENERDI’
Sono quasi le otto e mezza ma non sembra che la gente sia troppo mattiniera qui. Iraia deve prendere lo shuttle per andare alla partenza, troviamo l’unico buco aperto che fa il caffè e devo dire che – per chi apprezza la caffeina – è un posticino piuttosto intelligente: ti fanno l’espresso in duecento modi, cosa che forse soddisferebbe il milanese più esigente in trasferta e te lo servono un modo molto hipster. Ma io sto solo pensando che sono sedici ore che siamo a Innsbruck e non abbiamo ancora preso lo strudel. Questo posto dove poi facciamo colazione – vera – pare che ne offra una ricca varietà, di dolci e salati.
Strudel Cafe Kroll
Hofgasse, 6
6020
Innsbruck
Io ne ordino uno ai lamponi e cioccolato insieme all’autentico succo di mela che mi ricorda le colazioni in Trentino e penso sia la giusta carica per affrontare la ricognizione e tutto quello che ne consegue.
Il cielo è azzurro senza una nuvola, l’aria è fredda ancora per poco. Sul ponte che attraversa il fiume Inn ci sono delle incoerenti tavole da surf, poi capisco che si usa legarsi al ponte e surfare sul fiume agitato. Giuro che non avevo mai visto una cosa del genere, ma sembra super figo. Forse in un’altra vita avrò il giusto equilibrio per provarci anche io senza schiantarmi contro un pilone.
Le case colorate sono già nel sole: la tipica cartolina di Innsbruck per noi, un benvenuto in piena regola che parla anche alla ricerca continua della beatitudine che qui sembra abbastanza naturale. Mentre saliamo verso la Holl, fantastichiamo su tutte le case con gli intonaci color pastello, a come deve essere stare dietro i vetri dei bow window a leggere libri, a bere il té. A scrivere, cazzo. Scrivere, scrivere, scrivere, scrivere. Beh, un sogno: ho sempre voluto un nascondiglio, un rifugio, una tana o una cosa così.
L’aria di montagna ci viene incontro e poi le sue pareti di pannocchie ad essiccare al sole, i polli che razzolano nei giardini, le fontanelle di gelida acqua fresca, la salita che è come sempre un controsenso, la più azzeccata metafora del ciclismo, penso.
Ci sono ventitré gradi, aspettiamo la Nazionale sdraiate sull’asfalto come in un giorno di fine giugno e io ho già fame. Incontriamo Silvia con i suoi genitori, lei in canottiera con il tricolore sulle spalle. Il folle settembre austriaco. Parliamo e, come spesso capita, mi sembra che ogni viaggio voglia insegnarmi la fratellanza, un sacro cardine della vita autenticamente beat.
Quando scendiamo è l’una passata, forse le due e, volendo mangiare qualcosa di easy, capitiamo in un piccolo locale che fa principalmente colazioni e che Emanuela si era segnata sul suo magico taccuino delle locations. Sul menu ci sono uova di tutti i tipi per tutti i tipi di brunch possibili ed immaginabili. Sinceramente mi dispiace che non sia mattina perché, in fondo alla lista, trovo che fanno anche il porridge.
Breakfast Club
Maria-Theresien-Straße, 49
6020
Innsbruck
Un gattino cinese sorride schizzato dalla mensola di fianco alla TV, ordiniamo le uova – che altro – naturalmente. Io prendo la frittata con lo speck e il formaggio di malga ma la cosa che amo di più è che servono tutto con il pane di semi fatto in casa e l’acqua con lo sciroppo di Sambuco. Ok, non è un pranzo per niente easy.
Finisco per spalmare pure il mini burro sul pane, sperando di smaltire tutto entro sera ma non è così. Quando recuperiamo Iraia dal suo giro in shuttle per il percorso, lei ha una fame che si mangerebbe un orso e io ed Emanuela no, quindi decidiamo di comunque accordo che ci divideremo la cena. Diamo appuntamento a Francesco, uno degli amici che ritroviamo a Innsbruck, in una specie di steak house che fa cose americane. No, non è una bestemmia: semplicemente, pur essendo la cucina tirolese spaziale, ha bisogno di alcune pause.
L’aria della sera è quasi calda, mangiamo fuori ai tavolini che danno sulla strada, la gente passeggia come se fosse primavera e accanto a noi c’è un piccolo truck che fa street food tipico e riempie bicchieri alti di Paulaner. Io la riconosco una città quando è accogliente come una casa, ti senti esattamente così, come se in due giorni conoscessi a memoria le vie e i quartieri, come se quella fosse la tua vita parallela, come un abbraccio quando hai freddo.
FloJos
Seilergasse, 12
6020
Innsbruck
SABATO
Lo considero il mio giorno libero: per una volta voglio fare la turista in vacanza senza mettere in mezzo il ciclismo. Che la cosa sia abbastanza impossibile lo capisco subito, mentre usciamo per fare colazione, mentre Iraia mi scrive su Whatsapp che alle undici la nazionale belga fa ricognizione del percorso. Addio.
Su suggerimento, andiamo a provare la cheesecake del cafè Mundig che troviamo in centro, tra le vetrine del retro dei negozi che espongono quelle stampe vintage che mi fanno impazzire: mi farei una parete solo con quelle. Dicono che il Munding sia una delle pasticcerie più buone dell’Austria. Di sicuro è la più antica del Tirolo e – come un po’ tutte le cose qui – sembra strappato via da una pagina di romanzo, con i divanetti rossi e le vetrate che danno sulla strada deserta.
Cafe Munding
Kiebachgasse, 16
6020
Innsbruck
La cheesecake è un gioiellino con la base di un tortino al cioccolato e sopra la crema di formaggio sa lievemente di limone. Di certo non è la ricetta tradizionale, né nella forma, né nel contenuto ma è davvero buonissima.
Usciamo dal Café e Andrea ci riconosce tra la folla. Non ci siamo mai incontrati di persona prima ma in un nano secondo diventa la nostra guida personale sulla città, dato che ha studiato e vissuto a Innsbruck: una regola d’oro è sempre quella di ascoltare i locali, o i semi-locali insomma, va bene lo stesso. Dopo tre ore ad aspettare Greg Van Avermaet – senza risultato – e a parlare di ciclismo, mi viene naturalmente sete. Andrea ci porta in un locale dalle cui vetrate si vede tutta la città a trecentosessanta gradi, persino il trampolino del Bersigel, sul Monte Isel, che dicono sia tra gli edifici più spettacolari del mondo.
Un caffè, due birre e le montagne nel sole del primo pomeriggio, un personaggio con il cappellino Brooklyn, tipico di quando c’è il ciclismo in giro, trovi dei quadri vintage viventi ovunque.
360° Cafe
Rathaus Galerien, Maria-Theresien-Straße, 18
6020
Innsbruck
Andrea ci spiega che la caratteristica di Innsbruck è veramente quella di avere ancora il fascino delle tradizioni di montagna mischiato al cosmopolitismo della città universitaria. Un sacco di gente che la vive e, in qualche modo, la segna per sempre, anche se lei non perderà mai la sua anima originaria. Un po’ la storia delle nostre vite, a pensarci, solo che questo posto si è tenuto il meglio, mentre noi non sappiamo mai filtrare.
In ogni caso, da quassù non vorremmo andarcene per le prossime dieci ore, ma la corsa delle ragazze sta arrivando, si sente dagli elicotteri, e io ho un appuntamento con la principessa Sissi che non posso assolutamente declinare.
Di Hofburg non so niente ma a me piace entrare negli antichi palazzi perché li considero una porta per altri mondi, comitive di turisti esclusi. Li faccio passare, voglio stare da sola. La sala da ballo è piena di specchi per guardare i soffitti, fuori dalle finestre c’è il delirio del ciclismo che bussa contro i vetri, ovattato come la neve. Niente passa per le stanze con le pareti rosa e azzurro e verde smeraldo. Mi piacciono gli specchi. Ingialliscono, continuano a riflettere il tempo. Fuori c’è la corsa e dentro il silenzio. In una sala in fondo alle scale ci sono i ritratti, tra tutti Sissi e Franz Joseph: erano belli davvero, lui aveva gli occhi azzurri, si vede solo così, in questo quadro a grandezza naturale. Di sicuro il loro era un amore non convenzionale.
Hofburg
Rennweg, 1/3
6020
Innsbruck
Quando esco dal palazzo mi accorgo che non ho mangiato niente a pranzo, ho un panino, lo mangiucchio a pezzi, sono le cinque: la merenda salata non è nelle mie corde. La strada per attraversare il rettilineo è chiusa, ci mettono diecimila anni ad arrivare ma dall’altro lato del marciapiede c’è un ponte pedonale con un sacco di lucchetti sopra il fiume. Mi incanto a guardare l’altra riva nella luce del pomeriggio. Non esiste nessun Wonderland – lo so – ma per una volta, mi sento vista con occhi nuovi. Forse è questo posto che di me non sa assolutamente niente a vedermi per come sono e per quello che vorrei, una manciata di poche cose che non riesco mai a chiedere.
Raggiungo Emanuela e scopriamo che abbiamo fatto qualcosa come dodici chilometri in un maledetto giorno di riposo. Stachanov – ovunque sia – sarebbe orgogliosissimo di noi. Passiamo in un supermercato per generi di prima necessità – 10% – e scorta di cioccolato da espatriare – 80% – comprese le famose Palle di Mozart che mi sembra sacrosanto citare per chi fosse proprio a digiuno di cultura austriaca. Sono cioccolatini rotondi – beh, ovvio – ripieni di marzapane e pistacchio e, a parte essere buonissimi, la cosa che mi sconvolge è che il mio primo ricordo su di loro ha del proustiano e risale tipo alla terza superiore. Ma non è questo il momento per raccontarlo, direi.
Usciamo a cena abbastanza tardi, troviamo Valeria con i suoi amici in un ristorante, Daniele fuori con altri amici: un raduno di gente italiana del ciclismo affamata e costretta ad aspettare ore per mangiare. Ma stasera pure gli austriaci sono incazzati però, forse nessuno si è reso conto che è la vigilia di un Mondiale.
Giriamo come trottole per capire dove cenare e alla fine ci infiliamo in un posto all’angolo della piazza dove c’è il tettuccio d’oro, anche se ha tutta l’aria di un frega-turisti. Nell’ordine: ci danno un tavolo di fianco alla porta della cucina che si apre ogni tre minuti, l’aria è irrespirabile, un gruppo di ubriachi di fianco a noi urla cose, gli spatzle sono finiti. Ma come sono finiti, dai! Iraia chiede di spostarci, la cameriera le risponde che tutti i tavoli sono riservati – alle dieci di sera – ma alla fine l’insistenza basca dà i suoi frutti. Ordino un canederlo al formaggio con i crauti che sembra più un tortel di patate ma è seriamente buono, il formaggio e il fritto si scioglie in bocca. In ogni caso, l’ordine è quello di non lasciare niente nei piatti, Iraia non vuole che rimanga neanche l’acqua: la versa tutta nella mia borraccia con diplomazia. Ce ne andiamo.
Altstadtbeisl
Herzog-Friedrich-Straße, 21
6020
Innsbruck
Sulle montagne nere pulsano piccole luci: è un ristorante, si arriva solo con la funivia. Deve essere bello guardare Innsbruck brillare da lassù, circondati dal buio. Sulla via c’è un negozio di dischi, guardo in vetrina: un grammofono, le spille dei Rolling Stones e dei Pink Floyd. In fondo c’è un juke box anni ’80 con i led colorati accesi. Se non ci fosse sempre un vetro tra noi e le cose, mi alzerei e metterei “The final cut”.
In onore di tutte le rassicurazioni di cui avremmo bisogno in questo mondo o negli altri nostri mondi.
Bellissimo
Grazie 🙂
… tra foto e commenti fate venire anche fame !!! Ottimo reportage
Grazie Marco, ce ne sono un po’ nella sezione se ti vuoi divertire…tra disagi, avventure e cibo 🙂