L’indirizzo, lo spazio a volte troppo grande, altre troppo piccolo per scrivere un saluto e il francobollo da appiccicare. Anche se le edicole tra i vicoli dei paesi di mare hanno ancora i loro totem pieni di cartoline in attesa di essere scelte, il tempo dei saluti via posta sta piano piano svanendo. Un click con il cellulare e due o tre smile sono le nostre cartoline 2.0. Le ultime che mi ricordo di aver mandato avevano scritto nello spazio per l’indirizzo il nome della mia nonna e sono partite tutte dalla Liguria. Era per dirle che la pensavo e sono sicura che quelle poche parole scritte a biro sul cartoncino di carta resteranno tra quei ricordi che tornano a galla sempre e non si affievoliscono mai. Il tempo, su di loro, non ha nessun potere e non ne avrà mai.
Ieri Laigueglia era veramente come nelle sue cartoline più belle: il cielo azzurro che la mattina conservava una spennellata rosa all’orizzonte dove si incontrava con il mare tranquillo che metteva sulla spiaggia grigia una spuma leggera. Il profumo dei pini marittimi, di sole, il colore di una mimosa tra le case, il chiacchiericcio leggero fuori dai bar che, nei vetri, riflettono il mare luccicante, l’ombra dei vicoli e il profumo di focacce appena sfornate. Dietro una cartolina così vivida sembra naturale doverci scrivere il ciclismo che, forse, è lo sport dei sensi per eccellenza. Poche parole scritte con la biro ma autentiche, per restituire in un quadratino di cartone quello che il gruppo ha portato con sé, per quei saliscendi con l’isola della Gallinara sullo sfondo, per quelle strade strette vegliate dalle agavi e dalle palme.

Laigueglia_2014 008
Attesa.
Ha un’anima sua, l’attesa, nel ciclismo. Aspettare una partenza è un rituale maniacale che chi ha imparato a voler bene a questo sport conosce bene. Arrivare prima, guardare i pullman delle squadre che parcheggiano uno alla volta, i meccanici che sistemano le ultime cose sulla bicicletta.
Ulissi” dice uno. “Fai una foto con mio figlio, per favore?

Diego Ulissi sorride, è tranquillo, non è ancora in divisa, è sceso dal pullman per salutare Michele Bartoli. Si fa scattare una fotografia con il sole delle nove e quarantacinque negli occhi e risale a prepararsi.
Un meccanico con la maglietta a maniche corte e gli Oakley fa girare attentamente la ruota di una bicicletta, la controlla. In qualche pullman aperto si intravedono i telai, le ruote, come organi di un corpo. Aspettano con calma il momento in cui verranno sostituiti, di poter tornare ad essere preziosi. Come un cuore, un fegato, un polmone.
Lo speaker lontano e poi vicino, il rumore delle ruote che vanno e vengono dal foglio firma, l’agitazione della partenza. L’attesa. Che nel ciclismo, è sempre a fior di pelle e a volte è breve, troppo breve, e si dissolve improvvisa, a volte è interminabile e si stempera a lungo, tira l’emozione come un bambino con gli elastici. Quando finisce e il gruppo parte, a Laigueglia si torna a passeggiare per i vicoli e si torna ad aspettare ancora. Un segnale dalla corsa, il passaggio in paese o l’arrivo stesso. Si aspetta in eterno, per quei pochi secondi che valgono tutto.
Laigueglia_2014 055Affetto
Il cielo, dopo l’arrivo, ha nascosto il suo sole. Le nuvole promettono pioggia sulla Riviera e il mare è grigio, la Gallinara scura e lontana. Hanno tutti voglia di tornare a casa, la gente si mischia ai corridori che tornano ai pullman. Qualcuno viene fermato, tra la stanchezza e un sorriso forzato. Un uomo coi capelli grigi, il cappello da pittore in testa e un quotidiano in mano, insegue un ciclista chiedendo: “Te sei in squadra con Pasqualon?”
La risposta si perde nella confusione ma resta qualcosa che il ciclismo regala a piccoli sprazzi e che bisogna cogliere al volo. Andrea Pasqualon è arrivato terzo, forse qualcuno non sapeva nemmeno chi fosse. Eppure l’affetto è immediato, la simpatia per qualcuno che è anche stato all’attacco durante la corsa, che ha fatto di tutto per essere protagonista, è una molla che scatta all’istante. Non passa per il cervello, arriva al cuore subito. Non so cos’è ma fa parte di questo sport, le emozioni inspiegabili sono il suo motore, il suo motivo. La strada fa proseliti, non si sa bene perché ma succede. Capita che ti sale l’affetto per il gruppo, che un nome ti rimanga nella memoria e che forse si associ a quel giorno. Succede per tutti, ognuno a suo modo e allo stesso tempo ognuno alla stessa maniera.

Umiltà.
Alza il braccio sul traguardo Josè Serpa Perez. Un pugno al cielo. Il suo compagno di fuga, Patrik Sinkewitz fa un gesto di disapprovazione, sullo stile di un imperatore romano. Polemiche delle quali solo la strada può essere giudice. Il traguardo non ha scuse. Il tedesco, ingoiando il suo secondo posto, si è vendicato sul palco, rovesciando addosso al vincitore tutta la sua bottiglia di vino. Serpa Perez è felice, stanco e fradicio di una pioggia di bollicine. Risponde ai giornalisti, si presta alle foto con la divisa lucida, bagnata, sotto un cielo grigio e l’aria che promette pioggia. Quando inforca la bici per andare a cambiarsi e poi in sala stampa, i bambini e i passanti lo attorniano. Una signora sudamericana gli dice qualcosa nella sua lingua, gli chiede di fermarsi. Autografi, foto: la prassi. Ognuno vuole prendersi un pezzo di quella vittoria. Lui parla e batte i denti, eppure non si sottrae a niente, anche quando un bambino gli corre dietro a piedi. Si ferma, sorride, gli dà retta. E’ l’umiltà che grida piano mentre le transenne vengono smontate e tutto si prepara a tornare alla normalità. Gli uomini in bicicletta non si sono dimenticati di essere uomini: la fatica li fa stare sempre coi piedi per terra. La strada insegna i valori senza parlare.
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E’ difficile far stare tutto sul retro di una cartolina, eppure ci vuole anche lo spazio per salutarsi. “Baci” scrive la gente. A me piace mettere anche “un abbraccio”. Perché il ciclismo è un po’ come un abbraccio. Ti avvolge, ti fa sentire bene. E non vorresti scioglierti più. Rimango stretta nell’abbraccio di Laigueglia, delle sue voci, dei suoi colori e del suo sole abbagliante di primavera. Rimango stretta e la cartolina di questa Liguria me lo porto via in questo modo, me la tengo in tasca e so che potrò riguardarmela tra qualche giorno, quando quella visione sarà un po’ più lontana. Funziona così, le emozioni di una corsa sono scritte con la biro e non vanno più via. Non sbiadiscono, il tempo non ha potere su di loro. Non ne avrà mai.

Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

5 risposte a "Cartolina da Laigueglia."

  1. e forse un ora abbondante che sto girando il tuo blog e sto leggendo gli ultimi pezzi che ancora non avevo avuto il tempo di leggere…..mi piacciono tutti…il tuo scrivere scorre piacevole….le tue riflessioni e anche le descrizioni dei luoghi sono coinvolgenti.

    Così facile seguirti, come facile e emozionante è stato leggere VOCI DI CICALA

  2. Lino ha avuto un altro morso dalla bicicletta. Nessuna caduta, per fortuna, ma gli effetti di un’usura che si trascina da più di un anno. Passerà…”continuo a respirare, domani il sole sorgerà e non posso sapre cosa mi porterà la marea”.
    Sono iscritto a diversi blog di ciclismo, ma – quando posso – commento solo gli scritti di Miriam. Ormai così ho deciso.

    Certe furbizie tattiche, portano il ciclismo su terreni melmosi di altri sport. Ho gareggiato tanto, tantissimo, la correttezza è stata sempre il motore della mia azione. Nelle fughe ho sempre collaborato perchè ritenevo onesto dividere la felicissima fatica, metterla a comune. Poi vincere o perdere non era fondamentale. Bisognerebbe ricordare – specie ai giovani e alle loro famiglie – che vincere non è tutto e perdere è niente. Per allontanare certe tentazioni.

    L’accusa del secondo sul primo, rende meno brillante quel passaggio della prima ruota sulla linea del traguardo. Peccato!
    Un imbarazzo in Serpa Perez lo avrei provato. Tante fughe sono finite riassorbite dal gruppo per le furbizie di alcuni che volevano essere portati al traguardo.

    Miriam, grazie per donarci pennellate dela tua squisita sensibilità.
    cari saluti
    Lino

  3. cari saluti LINO….come dicevo mi piace leggere i tuoi pensieri….sono in sintonia con la sensibilità…come dici tu… di Miriam.

    1. Grazie Laura e Lino! Anche a me piace tanto leggere i vostri commenti. Lino, sono contenta di avere il privilegio dei tuoi commenti su quello che scrivo, ti auguro di riprenderti da questo momento…Adesso inizia la stagione e il ciclismo (anche il solo guardarlo) è fonte di positività 🙂
      ps: tenetevi pronti perchè il mio romanzo sul ciclismo sta “pedalando” bene 🙂
      A presto!! Questo week end c’è Lugano!

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