Non è vero che il mare è sempre il mare. Quello della Liguria oggi è una striscia blu contro il cielo che riverbera il suo colore come farebbe il tasto di un pianoforte nel cuore della notte. Non c’è un mare uguale all’altro. Questo è unico per me. Quando penso alle onde, sono queste che ascolto. Quando penso alla costa, è questa che sogno. Quando mi immagino il vento, è esattamente questo che sento.
Mentre vedo le mimose che esplodono di giallo, scroscianti sopra le tettoie dell’autostrada, penso che forse mi salvo pure stavolta. Qualcosa ancora mi entusiasma, qualcosa può di nuovo sussurrare vicino al mio orecchio e arrivare diretto al cuore senza intermediari, senza barriere, senza armature.


L’androne di un palazzo, l’ombra che taglia a metà la luce, lo scorcio del mare da un vicolo, i due campanili, il molo in preda alle onde. Di questo posto ho saccheggiato ogni angolo, ho ogni visione chiara in mente, anno per anno, e come troppo spesso mi capita ultimamente, mi sembra di non aver più voglia di fare niente, di non aver già detto tutto. Se le corse perdono di importanza, allora cosa può sostituirle? Il nulla atomico minaccia di inghiottirci continuamente ma noi siamo davvero cosi forti da resistergli?

Dalle curve del GPM, la striscia del mare diventa immensa come la linea terrestre, il suono continuo delle sirene mi fa sospettare che aspettare possa diventare un automatismo. Ma questo sport non può essere una questione di abitudine, non puoi distrarti, non puoi pensare di avere già tutto a portata di mano. Puoi essere il favorito ma conta solo una cosa: quello che senti. Allora come possiamo pensare che l’istinto sia una cosa così razionale da poter venire assorbita dalla consuetudine?
Il ciclismo sapeva che tutti volevano vedere Juan Ayuso in attacco solitario ma lui ha voluto dimostrare che ci sono altri spettacoli da vedere. Anche un Davide che prova a battere Golia poteva essere una storia epica. Il tentare, vincere, alzarsi sui pedali o non farlo per niente. Dobbiamo tornare a guardare le cose in modo puro, come se tutto non fosse ancora successo. Riprendere il linguaggio, riaccendere il fuoco, tornare a vivere come se non avessimo vissuto fino ad ora. Nati di nuovo.

I versanti sono imbevuti dell’ora blu. Sopra Ovada brilla la stella della sera e qualcuno ha lasciato accese le luci di Natale. La prova che ogni stratagemma è valido per trattenere tra le mani la magia, specialmente quando rischia di sfuggirti, come la sabbia in una giornata di vento. Ancora gli oceani ci abbracciano più di quanto ci strozzi il cemento, ancora dobbiamo vedere quanto può essere straordinario quando la gravità ribalta tutte le certezze.
La verità, Maggiore Tom, è che l’intensità del nostro sguardo su ciò che amiamo cambia tutte le prospettive.
Il 12 aprile 1961 l’astronauta russo Yuri Gagarin fu il primo uomo a superare i confini dell’atmosfera e a volare nello spazio. Meravigliato da quanto gli oceani fossero predominanti sul nostro pianeta, le sue prime parole furono: “Vedo la terra sotto di me, è blu.” La missione affascinò così tanto l’immaginario di David Bowie che ci scrisse una canzone: Space Oddity.