La sera dopo una tappa del Giro è sempre complicata ma in un modo che da fuori non è facile avvertire. Ti mangeresti un sommergibile intero senza condirlo, nel frattempo il telefono ha la batteria a 5% e devi ancora scrivere il pezzo, farti la doccia e poi forse dormire. Ma in fondo qui è come essere a casa, la pizza la mangiamo tranquilli, io e metà – anzi un quarto, la Vale e Matteo – della mia seconda famiglia.

Anche Nicolò e Francesco sono di qui, arrivano dopo cena, ordinano acqua e menta e da lì capisci che sono atleti. Vita da professionisti non pagati, dicono loro. Nicolò ha fatto ciclismo su strada quando era juniores con l’UC Conscio poi la bicicletta sembrava essere stata una parentesi della sua vita, fino a quando ha aderito al progetto Tandem della S.C. Dopla di Treviso. La missione era partecipare alle Olimpiadi di Tokio 2020. Loro due si incontrano così, Francesco correva con la Dopla da quatto anni e in quel breve lasso di tempo aveva vinto – tra le altre cose – i campionati italiani MTB e ciclocross, i regionali e i provinciali su pista. Hanno provato a uscire in tandem insieme e si sono subito trovati, e non è una cosa da poco ma questa è un’altra storia. Quella che ha obbligato Francesco a cambiare la sua vita è la distrofia ai coni retinici che ha scoperto quando aveva ventitré anni dopo un incidente con la sua moto, uscendo dal lavoro, in un giorno di sole abbagliante. E’ una malattia rara e sostanzialmente non c’è una cura certa. “Ci sono dei picchi di cecità quasi assoluta” spiega lui, “ ma adesso sono due o tre anni che sono stabile, esco in bici anche da solo, ovviamente mai per gareggiare”
Se la musica è stata la sua vita prima dell’incidente, il ciclismo l’ha salvato dopo. Ha cominciato per caso e per scherzo, come capita spesso, e si è accorto di andare subito forte.

“L’affinità è fondamentale in queste cose” dice Nicolò, cercando di spiegare cosa significhi correre in due sulla stessa bicicletta. “Non è automatico che una guida vada bene per tutti, anzi, è sempre difficile trovarsi in sintonia. In fondo siamo due persone che pedalano nella stessa direzione ma sullo stesso mezzo. Due bici attaccate diventano una cosa sola. E lì è questione di fiducia.”
Fiducia, sì. Francesco dice che in quattro mesi ha visto Nicolò trasformarsi, cambiare mentalità, diventare quasi la sua scorta. Si sono presi le radioline per comunicare, sembra un piccolo dettaglio ma è fondamentale per non perdere il ritmo poi ogni weekend seguono un piano di allenamento con un chilometraggio sempre sopra ai duecento, cercando di affrontare sempre, nel percorso, la loro salita preferita, quella di Asolo.

Il sogno di Tokio 2020 è più labile adesso – praticamente impossibile dicono loro – ci vogliono soldi – e molti – per partecipare come team privato e loro, dopo essere rimasti a corto con le garanzie, sono tornati a correre con l’UC Conscio che gli ha appena fornito un tandem nuovo e crede in loro. Basterebbe la convocazione azzurra e per ottenerla bisogna lavorare ancora e ancora di più.
E’ venerdì sera ma sono già le dieci. Non c’è tempo per stare ancora svegli, a noi domani ci aspetta lo Zoncolan, a loro un nuovo weekend per avvicinarsi sempre di più all’obiettivo. Forse il ciclismo è un grande viaggio a tappe, sappiamo dove vogliamo arrivare ma non sappiamo esattamente dove ci porterà.

Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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