Lungo la strada sventolano tristemente i palloncini rosa nell’aria di temporale. Un tipo sulla sedia di vimini sotto una veranda continua a guardare il vuoto, là dove dieci minuti fa è passato il gruppo. In fondo, viviamo per attendere. La gente aspetta il Giro come noi passiamo attraverso un lento susseguirsi di mattine – e di sere – a dirci che domani forse sarà esattamente quel giorno. Poi alla fine quel momento arriva e ci fotte tutti, è un secondo oppure niente, qualcosa che proprio non c’eravamo immaginati cosi. Allora restiamo immobili a pensare a quello che in un lampo è arrivato e altrettanto velocemente se ne è andato. 
Piove e poi esce di nuovo il sole. Piove ancora. Sopra le colline c’è la luce drammatica del temporale. 
Il ciclismo non è mai stato così clemente con la mia testa come oggi – anzi – è più un palliativo che ti fa pensare ad altro. Ha estratto il coltello, ha deposto le armi. 

Sono rossi i papaveri ai bordi delle strade, sangue a chiazze qua e là di una battaglia che si consuma sulle colline dalle quali si alza la polvere, proprio come una tempesta di sabbia nel deserto.
Ma quale soldato attacca quando il capitano è ferito?
Sono queste le giornate in cui la gente inneggia ai loro favoriti soltanto perchè sono là davanti, dimenticandosi delle regole non scritte che sono come la stretta di mano del tuo amico fraterno. La verità è che il pubblico vuole cani che si sbranano nell’arena, lo spettacolo di un carnaio senza etica, senza prezzo. Tra il sangue che sgorga dalla gamba di Ayuso e le assurde lacrime di un bambino che voleva arrampicarsi su una sedia per sembrare più grande, si alza Van Aert come un eroe della rivoluzione. Il pugno al cielo come la Marianne della Libertà che guida il popolo di Delacroix, un quadro vivente in pratica: il condottiero che redime una giornata che avrebbe dovuto essere dimenticata. 
La gente adesso guarda il Campo da un angolo della piazza.
La maglia rosa è solo un puntino invisibile e i coriandoli con lui. 

Il mondo è imbevuto nell’eternità dorata mentre sulle colline scende un’altra sera in cui guardiamo le cose da lontano, senza sapere quando potremo avvicinarci fino alla distanza di un respiro. 
Beat, beaten, béatifique.
Beato per la vita, battuto dalla vita. 

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Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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