C’è un filo di luce sopra le montagne che ne disegna la sagoma. Le fa sembrare le Black Hills prima di una battaglia. A Cavallo Pazzo sarebbe piaciuto questo momento, se fosse stato là fuori, pensando a tutto quello che aveva perso ma anche a quanto aveva combattuto.
Segnare con il sangue, inseguire anche senza speranza.
La verità è che non smetteremo mai, non siamo noi a decidere, è semplicemente il destino che ha voluto così. Fin dall’inizio, fino ad ora.

A noi piacciono questi chiariscuri che sono netti come quelli che viviamo: alcuni giorni tutti nella luce, altri completamente nel buio. Sappiamo bene chi ha il comando di questa bussola e ancora facciamo finta di niente, ancora stiamo sugli arrivi a guardare il gruppo sfilare e – onestamente – a non capire niente. Da fuori tutto va in slow motion, c’è la regia, il replay e tutto il resto. Da dentro è come stare in una rete di pesca con un milione di pesci che si muovono ovunque, il tutto mentre ci manca già l’acqua e non possiamo più respirare. 
Qualcuno direbbe che perdi ore, tempo, spazio, tutto. Io penso solo che il ciclismo ci ha insegnato che esiste un posto dove trovarsi sempre, girare lo sguardo e sapere che il filo è saldo, che un giorno parleremo di questo e ci diremo che siamo stati dei pazzi ma non era la testa e nemmeno le gambe – ma il cuore – ad avere le redini. 

Ogni luogo ha la sua luce, qualcosa che puoi riconoscere come un odore. Questa è quella della Sanremo – la Liguria più intensa, la macchia mediterranea rovente – questa invece è quella della Versilia – nuvole bianche e azzurri celesti come pastelli. Ci sono luci che restano così, api cristallizzate nei secoli, nel momento del loro fulgore supremo.

Sono passati forse cinque minuti buoni e ancora nessuno ha capito chi ha vinto. La verità è che, mentre la gente – io compresa – si guarda attorno come se fosse appena uscita strafatta dalla discoteca alle cinque di mattina, laggiù è arrivata la fuga. È proprio vero che a volte la legge del gruppo non basta, in certi momenti il vento è dalla tua parte e punto. Persino le squadre dei velocisti non hanno potuto fare niente contro questa pazzia. 
Alla fine non è questo che aspettiamo da sempre? Che le nostre follie abbiano un senso nel disordinato disegno della linea d’arrivo.

Lungo l’autostrada della Cisa spunta una vecchia casa tra gli alberi. Abbandonata forse da decenni, ha le finestre con i vetri spaccati come se i fantasmi avessero preso il loro spazio per dormirci dentro, sognando di quando erano umani. Un giorno smetteremo di vivere di ricordi perchè il presente sarà esattamente come l’avevamo immaginato una volta. Ma stasera ancora no. Mentre sulle colline scende l’ultima luce, dipingendo le montagne già spoglie dalla neve recente, siamo ancora spettri che si aggirano pensando al passato, di quando eravamo corpi caldi e potevamo toccare senza sparire. 

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Posted by:Miriam

Sono nata in Brianza in una calda notte di luglio. Scrivo da quando avevo quattordici anni e nel 2012 ho cominciato questo viaggio che si chiama "E mi alzo sui pedali". Ho pubblicato "Voci di Cicala" nel 2013, "La menta e il fiume" nel 2015 e "Come un rock" nel 2019. Mi piacciono i papaveri, il profumo delle foglie di menta e la ninnananna della risacca del lago. A volte scrivo con gli occhi chiusi.

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